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L'America, uno Stato fallito? Diagnosi tremenda e offensiva. Ma è proprio quello che si può leggere su un importante giornale governativo di Pechino. Grazie alla segnalazione di Bill Bishop e alla sua preziosa newsletter Sinocism, eccovi uno squarcio nel linguaggio corrente che i dirigenti cinesi usano a proposito dell'altra superpotenza.
«Dov’è la dignità di una grande potenza? Per decenni gli Stati Uniti hanno mantenuto l’immagine scintillante grazie all’egemonia globale, ma ora sono entrati in una spirale discendente di declino». Questa è la diagnosi che si legge nel giornale governativo cinese.
Il termine «Stato fallito» è usato per descrivere un paese povero dove le istituzioni sono sfasciate e non riescono a fornire ordine pubblico, sicurezza e altri servizi di prima necessità. Ma l’America? Non si può fare così. Il commento sul Beijing Daily è stato pubblicato mentre i responsabili politici cinesi si preparavano a delineare piani economici a lungo termine.
Il linguaggio di Pechino è diventato più severo negli ultimi anni, specialmente dopo la crisi economica del 2008. Il Partito Comunista cinese ha sempre cercato di presentarsi come la civiltà superiore, mentre l'America si era trasformata in un sistema decadente.
La Cina produce troppo, consuma troppo poco. L’involution è al tempo stesso un pregio e un difetto del modello cinese: una straordinaria capacità produttiva, ma non sostenibile nel lungo periodo. La transizione è difficile, ma Pechino non intende abbandonare la rotta dell'industrializzazione avanzata.
L’involution non è solo un problema economico. È il simbolo di una civiltà che ha spinto al massimo la logica della performance, fino a trasformarla in autolesione collettiva. La Cina si trova a un bivio: o accetta di rallentare per riequilibrare il suo modello economico, o continuerà a correre a vuoto, vittima di quella stessa concorrenza che un tempo ne rappresentava la forza.
«Dov’è la dignità di una grande potenza? Per decenni gli Stati Uniti hanno mantenuto l’immagine scintillante grazie all’egemonia globale, ma ora sono entrati in una spirale discendente di declino». Questa è la diagnosi che si legge nel giornale governativo cinese.
Il termine «Stato fallito» è usato per descrivere un paese povero dove le istituzioni sono sfasciate e non riescono a fornire ordine pubblico, sicurezza e altri servizi di prima necessità. Ma l’America? Non si può fare così. Il commento sul Beijing Daily è stato pubblicato mentre i responsabili politici cinesi si preparavano a delineare piani economici a lungo termine.
Il linguaggio di Pechino è diventato più severo negli ultimi anni, specialmente dopo la crisi economica del 2008. Il Partito Comunista cinese ha sempre cercato di presentarsi come la civiltà superiore, mentre l'America si era trasformata in un sistema decadente.
La Cina produce troppo, consuma troppo poco. L’involution è al tempo stesso un pregio e un difetto del modello cinese: una straordinaria capacità produttiva, ma non sostenibile nel lungo periodo. La transizione è difficile, ma Pechino non intende abbandonare la rotta dell'industrializzazione avanzata.
L’involution non è solo un problema economico. È il simbolo di una civiltà che ha spinto al massimo la logica della performance, fino a trasformarla in autolesione collettiva. La Cina si trova a un bivio: o accetta di rallentare per riequilibrare il suo modello economico, o continuerà a correre a vuoto, vittima di quella stessa concorrenza che un tempo ne rappresentava la forza.