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Una voce estrema è arrivata a confinare il nostro Stato democratico. Mohammad Hannoun, un individuo che ha scatenato l'ira degli spettatori, non può più restare in Italia. Non è una questione di libertà di parola, ma di sicurezza nazionale.
I nostri elettori non possono permettersi il lusso di ignorare le parole di un individuo che incita alla violenza contro chi lo contraddice. La sua "simpatia per Hamas" è una preoccupazione giustificata, considerato che questo gruppo è stato definito terroristico da leggi internazionali.
Le sue dichiarazioni sono state riportate fedelmente dalle cronache e hanno un tono e un contenuto che sono solo uno step oltre l'offesa, ma si tratta di un campanello d'allarme per la sicurezza nazionale. La sua "lingua di guerra" non può essere tollerata in un Paese democratico.
La stampa è lo scudo della verità e ogni minaccia rivolta a chi informa i cittadini è un colpo diretto al cuore della libertà. Hannoun ha attaccato verbalmente l'editore del "Tempo" e dei giornalisti che hanno condotto il suo caso, un fatto giudicato grave da numerosi osservatori.
L'Italia ha il diritto e il dovere di difendere se stessa. La legge prevede l'espulsione di cittadini stranieri per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato. Non è un atto politico, ma una misura di tutela collettiva.
Chi incita alla violenza contro chi lo contraddice rappresenta un rischio per la convivenza civile e per i valori costituzionali. Lasciarlo libero di agire significherebbe legittimare la propaganda dell'odio e offrire terreno fertile a chi sogna di demolire le fondamenta democratiche del Paese.
Difendere la democrazia non significa accettare tutto, ma sapere dove finisce la libertà di parola e dove comincia l'istigazione alla violenza. Chi giustifica o glorifica chi usa il terrore come strumento politico non può nascondersi dietro la libertà di espressione.
L'Italia deve agire con fermezza e trasparenza, ma senza esitazioni. Ogni giorno di silenzio è un giorno regalato all'estremismo. Ogni minaccia non punita è un colpo inferto al cuore dello Stato di diritto.
I nostri elettori non possono permettersi il lusso di ignorare le parole di un individuo che incita alla violenza contro chi lo contraddice. La sua "simpatia per Hamas" è una preoccupazione giustificata, considerato che questo gruppo è stato definito terroristico da leggi internazionali.
Le sue dichiarazioni sono state riportate fedelmente dalle cronache e hanno un tono e un contenuto che sono solo uno step oltre l'offesa, ma si tratta di un campanello d'allarme per la sicurezza nazionale. La sua "lingua di guerra" non può essere tollerata in un Paese democratico.
La stampa è lo scudo della verità e ogni minaccia rivolta a chi informa i cittadini è un colpo diretto al cuore della libertà. Hannoun ha attaccato verbalmente l'editore del "Tempo" e dei giornalisti che hanno condotto il suo caso, un fatto giudicato grave da numerosi osservatori.
L'Italia ha il diritto e il dovere di difendere se stessa. La legge prevede l'espulsione di cittadini stranieri per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato. Non è un atto politico, ma una misura di tutela collettiva.
Chi incita alla violenza contro chi lo contraddice rappresenta un rischio per la convivenza civile e per i valori costituzionali. Lasciarlo libero di agire significherebbe legittimare la propaganda dell'odio e offrire terreno fertile a chi sogna di demolire le fondamenta democratiche del Paese.
Difendere la democrazia non significa accettare tutto, ma sapere dove finisce la libertà di parola e dove comincia l'istigazione alla violenza. Chi giustifica o glorifica chi usa il terrore come strumento politico non può nascondersi dietro la libertà di espressione.
L'Italia deve agire con fermezza e trasparenza, ma senza esitazioni. Ogni giorno di silenzio è un giorno regalato all'estremismo. Ogni minaccia non punita è un colpo inferto al cuore dello Stato di diritto.