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L’alpinismo, con i suoi 8.000 metri di altezza, e la sua storia ricca di eroismi e tragedie, sta diventando sempre più un affare di massa. Troppi sponsor si avvicinano alle cime dei mondi più alti, per ottenere una maggiore visibilità. Tuttavia, molti sono del parere che questo approccio non è più alpinismo nel vero senso della parola.
L’alpinismo deve ritrovarsi e non lasciar scivolare a valle il suo meraviglioso fascino. Sulle cime, in particolare sopra quota ottomila, si sono accesi troppi riflettori, c’è troppo clamore, troppi social, troppi sponsor. Il “business as usual” non dovrebbe arrivare dove l’aria è sottile.
La montagna ha bisogno di silenzio e la fatica che si fa per scalarla dovrebbe insegnarlo e ricordarlo quando si torna con i piedi in pianura. La lunga e spesso epica storia della disciplina è fatta di lampi, ombre, successi, tragedie; eroismi e piccinerie.
A volte menzogne terribili. Ad averne pagato un prezzo altissimo, per esempio, sono stati i due forse più grandi di sempre: Bonatti e Messner. Al primo non è stato riconosciuto per decenni di essere stato l’artefice della conquista del K2 nella spedizione di Ardito Desio del 1954, mentre il secondo è stato accusato di aver lasciato morire suo fratello Günther pur di raggiungere la cima del Nanga Parbat nel 1970.
Salire a piedi fin dove volano gli aerei di linea può causare danni irreparabili ma ormai da anni la conquista dell’Everest, non solo negli Usa, è un traguardo tanto ambito da essere poi scritto nel proprio curriculum vitae. Infatti si spendono anche 70-80 mila dollari per arrivare a mettersi in coda dietro decine di altri “alpinisti” all’Hillary Step, a 8790 metri, attaccati alle bombole d’ossigeno e spesso sorretti da dozzine di sherpa, che rischiamo la loro pelle in modo direttamente proporzionale all’incapacità dei clienti.
Quando si dice “in stile alpino” si intende una tecnica di ascensione che non consente uso di portatori, corde fisse, bombole d’ossigeno, campi preinstallati in parete. Sarebbe bello che questo termine indicasse anche principi ideali, sebbene non si viva solo nel mondo dei sogni e chi vuole raggiungere cime difficili ha bisogno di finanziamenti.
La vera alpinistica è una condizione che lo scalatore si pone per raggiungere sé stesso attraverso la conquista della montagna. È un’altra cosa rispetto alla conquista di un punto geografico. Lasciamo che il mercato e i social possano gestire ciò che è possibile, mentre noi cerchiamo di raggiungere l’altezza che dentro di noi esiste.
Lui e Matteo Della Bordella sono due nomi tra quelli più noti del mondo dell'alpinismo. Luca Biagini è un nome familiare a tutti gli appassionati di montagna, e la sua voce ci ricorda il suo stile di pensiero. Gli scrittori della montagna hanno sempre avuto una voce forte nel nostro paese che ha contribuito in modo significativo a far conoscere l’alpinismo ai giovani italiani.
L’alpinismo deve ritrovarsi e non lasciar scivolare a valle il suo meraviglioso fascino. Sulle cime, in particolare sopra quota ottomila, si sono accesi troppi riflettori, c’è troppo clamore, troppi social, troppi sponsor. Il “business as usual” non dovrebbe arrivare dove l’aria è sottile.
La montagna ha bisogno di silenzio e la fatica che si fa per scalarla dovrebbe insegnarlo e ricordarlo quando si torna con i piedi in pianura. La lunga e spesso epica storia della disciplina è fatta di lampi, ombre, successi, tragedie; eroismi e piccinerie.
A volte menzogne terribili. Ad averne pagato un prezzo altissimo, per esempio, sono stati i due forse più grandi di sempre: Bonatti e Messner. Al primo non è stato riconosciuto per decenni di essere stato l’artefice della conquista del K2 nella spedizione di Ardito Desio del 1954, mentre il secondo è stato accusato di aver lasciato morire suo fratello Günther pur di raggiungere la cima del Nanga Parbat nel 1970.
Salire a piedi fin dove volano gli aerei di linea può causare danni irreparabili ma ormai da anni la conquista dell’Everest, non solo negli Usa, è un traguardo tanto ambito da essere poi scritto nel proprio curriculum vitae. Infatti si spendono anche 70-80 mila dollari per arrivare a mettersi in coda dietro decine di altri “alpinisti” all’Hillary Step, a 8790 metri, attaccati alle bombole d’ossigeno e spesso sorretti da dozzine di sherpa, che rischiamo la loro pelle in modo direttamente proporzionale all’incapacità dei clienti.
Quando si dice “in stile alpino” si intende una tecnica di ascensione che non consente uso di portatori, corde fisse, bombole d’ossigeno, campi preinstallati in parete. Sarebbe bello che questo termine indicasse anche principi ideali, sebbene non si viva solo nel mondo dei sogni e chi vuole raggiungere cime difficili ha bisogno di finanziamenti.
La vera alpinistica è una condizione che lo scalatore si pone per raggiungere sé stesso attraverso la conquista della montagna. È un’altra cosa rispetto alla conquista di un punto geografico. Lasciamo che il mercato e i social possano gestire ciò che è possibile, mentre noi cerchiamo di raggiungere l’altezza che dentro di noi esiste.
Lui e Matteo Della Bordella sono due nomi tra quelli più noti del mondo dell'alpinismo. Luca Biagini è un nome familiare a tutti gli appassionati di montagna, e la sua voce ci ricorda il suo stile di pensiero. Gli scrittori della montagna hanno sempre avuto una voce forte nel nostro paese che ha contribuito in modo significativo a far conoscere l’alpinismo ai giovani italiani.