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L'Italia si sta preparando a una svolta digitale. Secondo l'osservatorio "Processi di AI e impatti HR", il 61% dei capi del personale sta già utilizzando tecnologie di intelligenza artificiale generativa, un aumento del 19% rispetto all'anno scorso. Questo segnala una maturità crescente digitale delle direzioni risorse umane, pronte a trasformare il modo di lavorare valorizzando efficienza e produttività.
Ma cosa significa per l'impresa italiana? Secondo Marco Gallo, Managing Director di Hrc Community, la vera sfida è culturale: passare dall'uso passivo della tecnologia a un ruolo dirigente "HR per AI", dove le risorse umane guidino la trasformazione tutelando persone, etica e valore. L'intelligenza artificiale non deve essere vista come una minaccia occupazionale, ma come una leva per potenziare le capacità umane.
Tuttavia, ci sono ancora forti gap generazionali e culturali nell'approccio all'intelligenza artificiale. I millennials (35-44 anni) sono la fascia più predisposta, con il 90% che utilizza l'intelligenza artificiale, mentre la fiducia scende tra le generazioni più anziane.
L'osservatorio mette in evidenza come l'uso dell'AI non possa essere un esercizio tecnologico, ma una risposta a bisogni reali e solo partendo dagli obiettivi strategici e dal valore per le persone è possibile costruire un modello di intelligenza artificiale sostenibile e responsabile.
Il panel "Il decennio dei (tecno)-miliardari" ha richiamato l'attenzione sui rischi sociali della transizione digitale, con l'acuirsi delle disuguaglianze a causa della disparità di competenze digitali. A ciò si somma la necessità di mettere al centro il benessere dei lavoratori, tra cui emerge l'esigenza di equilibrare vita privata e lavoro, oltre che promuovere cultura e collaborazione.
L'Inps ha descritto come l'intelligenza artificiale sia già un pilastro operativo, con decine di progetti attivi per migliorare servizi, efficienza e risposta ai bisogni soprattutto dei giovani. Gabriele Fava, Presidente Inps, ha sottolineato che non esiste welfare sostenibile senza lavoro giovanile di qualità. L'AI serve a questo: individuare prima i bisogni, semplificare l'accesso ai diritti, allineare formazione e occupazione.
In sintesi, l'intelligenza artificiale è un alleato strategico per il futuro dell'impresa italiana, ma solo se utilizzata in modo responsabile e sostenibile, mettendo al centro il benessere delle persone.
Ma cosa significa per l'impresa italiana? Secondo Marco Gallo, Managing Director di Hrc Community, la vera sfida è culturale: passare dall'uso passivo della tecnologia a un ruolo dirigente "HR per AI", dove le risorse umane guidino la trasformazione tutelando persone, etica e valore. L'intelligenza artificiale non deve essere vista come una minaccia occupazionale, ma come una leva per potenziare le capacità umane.
Tuttavia, ci sono ancora forti gap generazionali e culturali nell'approccio all'intelligenza artificiale. I millennials (35-44 anni) sono la fascia più predisposta, con il 90% che utilizza l'intelligenza artificiale, mentre la fiducia scende tra le generazioni più anziane.
L'osservatorio mette in evidenza come l'uso dell'AI non possa essere un esercizio tecnologico, ma una risposta a bisogni reali e solo partendo dagli obiettivi strategici e dal valore per le persone è possibile costruire un modello di intelligenza artificiale sostenibile e responsabile.
Il panel "Il decennio dei (tecno)-miliardari" ha richiamato l'attenzione sui rischi sociali della transizione digitale, con l'acuirsi delle disuguaglianze a causa della disparità di competenze digitali. A ciò si somma la necessità di mettere al centro il benessere dei lavoratori, tra cui emerge l'esigenza di equilibrare vita privata e lavoro, oltre che promuovere cultura e collaborazione.
L'Inps ha descritto come l'intelligenza artificiale sia già un pilastro operativo, con decine di progetti attivi per migliorare servizi, efficienza e risposta ai bisogni soprattutto dei giovani. Gabriele Fava, Presidente Inps, ha sottolineato che non esiste welfare sostenibile senza lavoro giovanile di qualità. L'AI serve a questo: individuare prima i bisogni, semplificare l'accesso ai diritti, allineare formazione e occupazione.
In sintesi, l'intelligenza artificiale è un alleato strategico per il futuro dell'impresa italiana, ma solo se utilizzata in modo responsabile e sostenibile, mettendo al centro il benessere delle persone.