VoceDiRagusa
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"Per il Pnrr c'è vita oltre l'agosto 2026: i piani del governo italiano per spendere ancora"
L'Italia sta apprezzando il Pnrr come un veicolo finanziario, non solo per il piano di ripresa e resilienza. Il governo italiano si sta preparando a continuare a spendere i fondi ricevuti a titolo del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) fino al 2028. Questo significa che, sebbene la scadenza formale per l'esecuzione del Pnrr sia tra dieci mesi, il governo italiano potrà continuare a spendere i fondi ricevuti in parte con un veicolo finanziario e in parte considerando formalmente conclusi (con una certa flessibilità) anche progetti in realtà ancora in corso.
La parte più problematica del piano rimane quella dei programmi a debito, per 122,6 miliardi. L'Ufficio parlamentare di bilancio nel rapporto allegato alla sua audizione alle Camere sulla manovra ha individuato i ritardi. Rispetto ai documenti di finanza pubblica presentati dal governo in aprile scorso, sulla parte a debito del Pnrr risultano circa 26 miliardi di spese in meno.
Il governo italiano si sta organizzando per continuare a usare questi fondi anche oltre la scadenza del Piano. In parte minoritaria, essi potrebbero entrare nel veicolo finanziario autorizzato a spendere fino al 2028. In gran parte però potranno essere recuperati grazie a una norma finora poco notata del dispositivo di Bruxelles: la quota a debito, se non spesa per intero, non va per forza restituita al bilancio europeo.
La riprogrammazione dei fondi di coesione tradizionali disegnata da Raffaele Fitto, il vicepresidente italiano della Commissione europea, entra in gioco. Fitto propone di riorientare tutti i fondi di coesione oggi impantanati nei ritardi in progetti per la «competitività» (potenzialmente inclusi gli incentivi fiscali alle imprese), l’energia, la casa, la difesa o le reti idriche. L'Italia ha ben 42,7 miliardi in ritardo da sbloccare e riprogrammare, a cui si potranno aggiungere i residui del Pnrr a titolo di «cofinanziamento» nazionale.
Il governo italiano quadrerà il cerchio dei fondi del Pnrr oltre le scadenze, anche se ciò significa tagliare qualche curva. Marco Leonardi, l’economista già a Palazzo Chigi con Mario Draghi, ha notato sul Foglio che di fatto quattro miliardi restanti (su 6,2) del semi-fallimentare piano d’incentivi alle imprese «Transizione 5.0» di fatto spariscono: con ogni probabilità vengono riassegnati ex post a coprire spese in realtà già fatte da un pezzo dell’ormai tramontato piano Industria 4.0 (avviato da esecutivi precedenti).
L'Italia sta apprezzando il Pnrr come un veicolo finanziario, non solo per il piano di ripresa e resilienza. Il governo italiano si sta preparando a continuare a spendere i fondi ricevuti a titolo del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) fino al 2028. Questo significa che, sebbene la scadenza formale per l'esecuzione del Pnrr sia tra dieci mesi, il governo italiano potrà continuare a spendere i fondi ricevuti in parte con un veicolo finanziario e in parte considerando formalmente conclusi (con una certa flessibilità) anche progetti in realtà ancora in corso.
La parte più problematica del piano rimane quella dei programmi a debito, per 122,6 miliardi. L'Ufficio parlamentare di bilancio nel rapporto allegato alla sua audizione alle Camere sulla manovra ha individuato i ritardi. Rispetto ai documenti di finanza pubblica presentati dal governo in aprile scorso, sulla parte a debito del Pnrr risultano circa 26 miliardi di spese in meno.
Il governo italiano si sta organizzando per continuare a usare questi fondi anche oltre la scadenza del Piano. In parte minoritaria, essi potrebbero entrare nel veicolo finanziario autorizzato a spendere fino al 2028. In gran parte però potranno essere recuperati grazie a una norma finora poco notata del dispositivo di Bruxelles: la quota a debito, se non spesa per intero, non va per forza restituita al bilancio europeo.
La riprogrammazione dei fondi di coesione tradizionali disegnata da Raffaele Fitto, il vicepresidente italiano della Commissione europea, entra in gioco. Fitto propone di riorientare tutti i fondi di coesione oggi impantanati nei ritardi in progetti per la «competitività» (potenzialmente inclusi gli incentivi fiscali alle imprese), l’energia, la casa, la difesa o le reti idriche. L'Italia ha ben 42,7 miliardi in ritardo da sbloccare e riprogrammare, a cui si potranno aggiungere i residui del Pnrr a titolo di «cofinanziamento» nazionale.
Il governo italiano quadrerà il cerchio dei fondi del Pnrr oltre le scadenze, anche se ciò significa tagliare qualche curva. Marco Leonardi, l’economista già a Palazzo Chigi con Mario Draghi, ha notato sul Foglio che di fatto quattro miliardi restanti (su 6,2) del semi-fallimentare piano d’incentivi alle imprese «Transizione 5.0» di fatto spariscono: con ogni probabilità vengono riassegnati ex post a coprire spese in realtà già fatte da un pezzo dell’ormai tramontato piano Industria 4.0 (avviato da esecutivi precedenti).