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"Tragedia al largo della Tunisia: quaranta morti in un naufragio, tra di loro neonati"
Al largo delle coste tunisine, il Mediterraneo ha inghiottito nuovamente vite e sogni. Ieri sera, una imbarcazione carica di settantasei persone si è capovolta di fronte a Salakta, nel governatorato di Mahdia. Quaranta migranti, tra cui diversi neonati, sono stati trovati annegati sul fondo del mare.
Questo naufragio è l'ennesimo in una stagione che ha visto già decine di tragedie sulla rotta centrale del Mediterraneo. Dal 2014, secondo l'Oim, sono morti oltre 32 mila migranti o dispersi in questo tratto di mare.
La Tunisia, che nel 2023 ha firmato con l'Unione Europea un accordo da 255 milioni di euro per contrastare l'immigrazione illegale, ha intensificato i controlli, riducendo le partenze ma non le tragedie. Tuttavia, ogni intervento sembra solo spostare più in là la linea del dolore.
La comunità internazionale è ancora scossa dalla notizia di questi altri 40 morti, tra cui molti bambini. Monsignor Gian Carlo Perego, presidente della commissione Cei che si occupa di immigrazione, ha denunciato che nessuno ha accompagnato questo pellegrinaggio, forse nessuno conoscerà i loro nomi.
E intanto, l'Italia rinnova per la terza volta gli accordi con la Libia, che non solo ferma i migranti, ma li violenta, li uccide e nasconde i corpi. Non è forse complicità questa?
In questo momento, oltre 326 persone hanno sbarcato a Lampedusa, tra cui sette nuovi morti recuperati dopo il naufragio del 16 e 17 ottobre. La situazione continua ad essere preoccupante.
I controlli sono intensificati, ma è ancora troppo poco per contrastare la fuga di persone in cerca di una vita migliore. È necessario che l'Unione Europea e i paesi europei offrano un aiuto concreto a questi profughi e facciano più per fermare i viaggi della speranza.
Il Mediterraneo è diventato uno olocausto, dove le vite umane vengono scambiate per cifre economiche. È tempo di cambiare atteggiamento e di offrire una speranza concreta a chi cerca un futuro migliore.
Al largo delle coste tunisine, il Mediterraneo ha inghiottito nuovamente vite e sogni. Ieri sera, una imbarcazione carica di settantasei persone si è capovolta di fronte a Salakta, nel governatorato di Mahdia. Quaranta migranti, tra cui diversi neonati, sono stati trovati annegati sul fondo del mare.
Questo naufragio è l'ennesimo in una stagione che ha visto già decine di tragedie sulla rotta centrale del Mediterraneo. Dal 2014, secondo l'Oim, sono morti oltre 32 mila migranti o dispersi in questo tratto di mare.
La Tunisia, che nel 2023 ha firmato con l'Unione Europea un accordo da 255 milioni di euro per contrastare l'immigrazione illegale, ha intensificato i controlli, riducendo le partenze ma non le tragedie. Tuttavia, ogni intervento sembra solo spostare più in là la linea del dolore.
La comunità internazionale è ancora scossa dalla notizia di questi altri 40 morti, tra cui molti bambini. Monsignor Gian Carlo Perego, presidente della commissione Cei che si occupa di immigrazione, ha denunciato che nessuno ha accompagnato questo pellegrinaggio, forse nessuno conoscerà i loro nomi.
E intanto, l'Italia rinnova per la terza volta gli accordi con la Libia, che non solo ferma i migranti, ma li violenta, li uccide e nasconde i corpi. Non è forse complicità questa?
In questo momento, oltre 326 persone hanno sbarcato a Lampedusa, tra cui sette nuovi morti recuperati dopo il naufragio del 16 e 17 ottobre. La situazione continua ad essere preoccupante.
I controlli sono intensificati, ma è ancora troppo poco per contrastare la fuga di persone in cerca di una vita migliore. È necessario che l'Unione Europea e i paesi europei offrano un aiuto concreto a questi profughi e facciano più per fermare i viaggi della speranza.
Il Mediterraneo è diventato uno olocausto, dove le vite umane vengono scambiate per cifre economiche. È tempo di cambiare atteggiamento e di offrire una speranza concreta a chi cerca un futuro migliore.