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"La complicità italiana nel genocidio di Gaza: un crimine collettivo o un errore di giudizio?" è la domanda che si fa leggendo il nuovo report dell'Onu sulla crisi a Gaza, scritto dalla relatrice speciale Francesca Albanese. Il titolo del documento potrebbe aprire un ampio dibattito, ma l'accusa a Stati Uniti, Germania e Italia di essere "complici del genocidio" è qualcosa di più grave.
Il report dell'Albanese accusa gli Stati terzi di aver permesso violazioni sistematiche del diritto internazionale da parte di Israele, che è stato sostenuto dal sostegno diretto, dall'aiuto materiale, dalla protezione diplomatica e, in alcuni casi, dalla partecipazione attiva degli Stati. Ecco qui l' Italia. Il report cita la fornitura di armi "continuata" da parte dell'Italia, degli Stati Uniti e della Germania come uno dei principali fattori che hanno contribuito al genocidio.
Ma cosa ci fa l'Italia in questo contesto? La risposta è semplice: l'Italia è stata una delle principali forniture di armi ad Israele. Ecco qui i dati: la Germania ha fornito più di 180 milioni di euro, gli Stati Uniti hanno inviato un miliardo di dollari e l'Italia ha contribuito con una cifra che non è stata resa pubblica.
Ma il problema è che accusare uno stato di "complicità" in un genocidio è qualcosa di grave. E farlo nei confronti dell'Italia pone una questione sull'oggettività dei giudizi espressi dagli esperti delle Nazione Uniti. Ma ci sono anche questioni più profonde. Come possiamo spiegare che uno stato come l'Italia, che ha una storia e un popolo molto diversi da quelli di Israele, sia stato accusato di complicità in questo genocidio?
Ecco qui la risposta: è necessario guardare alle posizioni dei relatori speciali dell'Onu. Francesca Albanese, Obokata Tomoya e Michael Fakhri sono i nomi che si trovano alla testa del report. Ma cosa ci dicono questi esperti? Ecco qui le loro dichiarazioni.
Obokata Tomoya ha equiparato Israele ad Hamas e ha scritto che "gli attacchi indiscriminati contro i civili da parte di Hamas e Israele costituiscono crimini di guerra". Ma cosa dice l'Italia su questo punto? Niente. Ecco qui il profilo Twitter di Obokata Tomoya: un profluvio di condivisioni e attacchi all'Occidente, Israele e a favore dei migranti.
E Michael Fakhri ha accusato gli Stati Uniti di essere "complici del genocidio". Ma cosa dice l'Italia su questo punto? Niente. Ecco qui il suo rapporto sul diritto al cibo: "posso parlare in relazione alla complicità americana".
E Ben Saul, relatore per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ha scritto che la guerra del Presidente Trump contro i narcoterroristi è palesemente illegale secondo il diritto internazionale. Ma cosa dice l'Italia su questo punto? Niente.
Invece di affrontare le questioni concrete, l'Onu sembra essere animata da una precisa direzione ideologica rappresentata dai suoi relatori speciali. Ecco qui la risposta: è necessario cambiare il modello di discussione e di giudizio che si utilizza per affrontare i problemi globali.
La complicità italiana nel genocidio di Gaza non è un errore di giudizio. È una questione di politica e di ideologia. Ecco qui la risposta: è necessario ripensare il modo in cui affrontiamo le crisi globali e come utilizziamo i nostri strumenti per affrontarle.
Invece di accusare uno stato di complicità in un genocidio, dovremmo chiederci cosa ci fa l'Italia in questo contesto. E la risposta è semplice: l'Italia ha contribuito alla fornitura di armi ad Israele. Ma come possiamo spiegare che questo sia accaduto?
La questione non è semplice, ma deve essere affrontata con onestà e con una critica radicale del modello di discussione e di giudizio che si utilizza per affrontare i problemi globali.
Il report dell'Albanese accusa gli Stati terzi di aver permesso violazioni sistematiche del diritto internazionale da parte di Israele, che è stato sostenuto dal sostegno diretto, dall'aiuto materiale, dalla protezione diplomatica e, in alcuni casi, dalla partecipazione attiva degli Stati. Ecco qui l' Italia. Il report cita la fornitura di armi "continuata" da parte dell'Italia, degli Stati Uniti e della Germania come uno dei principali fattori che hanno contribuito al genocidio.
Ma cosa ci fa l'Italia in questo contesto? La risposta è semplice: l'Italia è stata una delle principali forniture di armi ad Israele. Ecco qui i dati: la Germania ha fornito più di 180 milioni di euro, gli Stati Uniti hanno inviato un miliardo di dollari e l'Italia ha contribuito con una cifra che non è stata resa pubblica.
Ma il problema è che accusare uno stato di "complicità" in un genocidio è qualcosa di grave. E farlo nei confronti dell'Italia pone una questione sull'oggettività dei giudizi espressi dagli esperti delle Nazione Uniti. Ma ci sono anche questioni più profonde. Come possiamo spiegare che uno stato come l'Italia, che ha una storia e un popolo molto diversi da quelli di Israele, sia stato accusato di complicità in questo genocidio?
Ecco qui la risposta: è necessario guardare alle posizioni dei relatori speciali dell'Onu. Francesca Albanese, Obokata Tomoya e Michael Fakhri sono i nomi che si trovano alla testa del report. Ma cosa ci dicono questi esperti? Ecco qui le loro dichiarazioni.
Obokata Tomoya ha equiparato Israele ad Hamas e ha scritto che "gli attacchi indiscriminati contro i civili da parte di Hamas e Israele costituiscono crimini di guerra". Ma cosa dice l'Italia su questo punto? Niente. Ecco qui il profilo Twitter di Obokata Tomoya: un profluvio di condivisioni e attacchi all'Occidente, Israele e a favore dei migranti.
E Michael Fakhri ha accusato gli Stati Uniti di essere "complici del genocidio". Ma cosa dice l'Italia su questo punto? Niente. Ecco qui il suo rapporto sul diritto al cibo: "posso parlare in relazione alla complicità americana".
E Ben Saul, relatore per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ha scritto che la guerra del Presidente Trump contro i narcoterroristi è palesemente illegale secondo il diritto internazionale. Ma cosa dice l'Italia su questo punto? Niente.
Invece di affrontare le questioni concrete, l'Onu sembra essere animata da una precisa direzione ideologica rappresentata dai suoi relatori speciali. Ecco qui la risposta: è necessario cambiare il modello di discussione e di giudizio che si utilizza per affrontare i problemi globali.
La complicità italiana nel genocidio di Gaza non è un errore di giudizio. È una questione di politica e di ideologia. Ecco qui la risposta: è necessario ripensare il modo in cui affrontiamo le crisi globali e come utilizziamo i nostri strumenti per affrontarle.
Invece di accusare uno stato di complicità in un genocidio, dovremmo chiederci cosa ci fa l'Italia in questo contesto. E la risposta è semplice: l'Italia ha contribuito alla fornitura di armi ad Israele. Ma come possiamo spiegare che questo sia accaduto?
La questione non è semplice, ma deve essere affrontata con onestà e con una critica radicale del modello di discussione e di giudizio che si utilizza per affrontare i problemi globali.