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"La violenza di genere, un'esperienza che lascia cicatrici epigenetiche indelebili". Una delle donne che hanno partecipato al progetto EpiWE, un esperimento di ricerca condotto dall'Istituto Superiore di Sanità per studiare l'impatto della violenza domestica sull'epigenetica delle donne, racconta il suo percorso. "Da quando sono stata violentata", dice una vittima, "non posso più dimenticare quello che è successo. Le ricordi continuano a tormentarmi".
Secondo i dati raccolti nel progetto EpiWE, oltre la metà delle donne che hanno subito violenza domestica presentano disturbi post-traumatici gravi. Il 27% di quelle con diagnosi di Ptsd e il 28,4% con Ptsd complesso, non riescono a liberarsi dall'ansia e dalla depressione. Inoltre, il 32% è ad alto rischio di subire nuovamente violenza, mentre il 34% ha un reddito stabile e l'82% è cittadina italiana.
Ma il percorso di una donna vittima di violenza domestica non si limita solo alla sua esperienza personale. Secondo Simona Gaudi, responsabile del progetto EpiWE, la violenza lascia "tracce epigenetiche" che modificano l'espressione dei geni senza alterare la sequenza del Dna. Studiare queste modificazioni potrebbe permettere di predire gli effetti a lungo termine della violenza e sviluppare interventi preventivi personalizzati prima che insorgano patologie croniche.
Il progetto EpiWE non si limita alle donne, ma anche ai minori che hanno assistito alla violenza in famiglia. Secondo i primi risultati del progetto, quasi l'80% dei minori ha vissuto come evento traumatico aver assistito a violenze fisiche in famiglia, e sono stati identificati diversi casi di Ptsd e depressione.
La ricerca continua, ma i dati raccolti finora suggeriscono che la violenza domestica è un problema grave e persistente. Come possiamo aiutare le vittime a superare il trauma e prevenire future violenze? La risposta potrebbe essere nell'applicazione di protocolli di prevenzione personalizzati, basati su evidenze scientifiche, e nel monitoraggio del tempo per valutare l'evoluzione dei sintomi.
Secondo i dati raccolti nel progetto EpiWE, oltre la metà delle donne che hanno subito violenza domestica presentano disturbi post-traumatici gravi. Il 27% di quelle con diagnosi di Ptsd e il 28,4% con Ptsd complesso, non riescono a liberarsi dall'ansia e dalla depressione. Inoltre, il 32% è ad alto rischio di subire nuovamente violenza, mentre il 34% ha un reddito stabile e l'82% è cittadina italiana.
Ma il percorso di una donna vittima di violenza domestica non si limita solo alla sua esperienza personale. Secondo Simona Gaudi, responsabile del progetto EpiWE, la violenza lascia "tracce epigenetiche" che modificano l'espressione dei geni senza alterare la sequenza del Dna. Studiare queste modificazioni potrebbe permettere di predire gli effetti a lungo termine della violenza e sviluppare interventi preventivi personalizzati prima che insorgano patologie croniche.
Il progetto EpiWE non si limita alle donne, ma anche ai minori che hanno assistito alla violenza in famiglia. Secondo i primi risultati del progetto, quasi l'80% dei minori ha vissuto come evento traumatico aver assistito a violenze fisiche in famiglia, e sono stati identificati diversi casi di Ptsd e depressione.
La ricerca continua, ma i dati raccolti finora suggeriscono che la violenza domestica è un problema grave e persistente. Come possiamo aiutare le vittime a superare il trauma e prevenire future violenze? La risposta potrebbe essere nell'applicazione di protocolli di prevenzione personalizzati, basati su evidenze scientifiche, e nel monitoraggio del tempo per valutare l'evoluzione dei sintomi.