ParliamoItalia
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Nordio, l'uomo della giustizia, dopo decenni di oscurità, è finalmente tornato a illuminare il palcoscenico della politica italiana. La sua riforma, un'opera complessa e armoniosa, che ha dovuto affrontare molte critiche e insulti sin dalla sua presentazione.
Il magistrato italiano, passato quarant'anni in un sistema giudiziario disfunzionale, si è mosso come un bachiano, con rigore e senza spettacolo. La sua idea di giustizia è una matematica che sappia commuovere, una disciplina che salvi dal caos. La separazione delle carriere, la separazione dell'accusa e del giudizio, non sono divisioni, ma chiarezza e equilibrio.
Il sorteggio per il Csm, un gesto di purificazione bachiana, è stato l'antidoto alla giustizia-spettacolo che scambia la toga per un costume di scena. La terza voce, la Corte disciplinare autonoma per le toghe, è una fuga morale che mira a introdurre un principio di responsabilità che non sia corporativo.
Ma il nome di Carlo Nordio è anche legato alla sua rivincita personale, dopo essere stato maltrattato e criticato dalla politica italiana. È stato visto come sempre dimissionario e confuso, finito. Ma in realtà, era un uomo che ha criticato la sua corporazione sin dagli anni Novanta, con fermezza.
La riforma di Nordio è tornata in tonalità maggiore, senza essersi in realtà mai andata, ma è giunto il suo momento politico. È l'uomo dato per finito, ma che riemerge intatto e compiuto dopo lo sviluppo legislativo della sua riforma.
La lettura musicale di Nordio è forse un po' forzata, ma la scena politica e giudiziaria può essere riassunta in una contrapposizione tra chi suona forte e chi guarda e subisce. Nordio è il tecnico che sognava un clavicembalo accordato, dove ogni voce non si sovrapponesse alle altre.
La sua maggiore forza risiede nel fatto che non si aggrappa a forze politiche per farne una specie di referendum. Sarebbe catastrofico, proprio così. Niente finali wagneriani, niente caduta degli dei: solo lo stacco dell'ultima singola nota, ben sapendo che basta saltare un passaggio e saremmo da capo, sipario.
Il magistrato italiano, passato quarant'anni in un sistema giudiziario disfunzionale, si è mosso come un bachiano, con rigore e senza spettacolo. La sua idea di giustizia è una matematica che sappia commuovere, una disciplina che salvi dal caos. La separazione delle carriere, la separazione dell'accusa e del giudizio, non sono divisioni, ma chiarezza e equilibrio.
Il sorteggio per il Csm, un gesto di purificazione bachiana, è stato l'antidoto alla giustizia-spettacolo che scambia la toga per un costume di scena. La terza voce, la Corte disciplinare autonoma per le toghe, è una fuga morale che mira a introdurre un principio di responsabilità che non sia corporativo.
Ma il nome di Carlo Nordio è anche legato alla sua rivincita personale, dopo essere stato maltrattato e criticato dalla politica italiana. È stato visto come sempre dimissionario e confuso, finito. Ma in realtà, era un uomo che ha criticato la sua corporazione sin dagli anni Novanta, con fermezza.
La riforma di Nordio è tornata in tonalità maggiore, senza essersi in realtà mai andata, ma è giunto il suo momento politico. È l'uomo dato per finito, ma che riemerge intatto e compiuto dopo lo sviluppo legislativo della sua riforma.
La lettura musicale di Nordio è forse un po' forzata, ma la scena politica e giudiziaria può essere riassunta in una contrapposizione tra chi suona forte e chi guarda e subisce. Nordio è il tecnico che sognava un clavicembalo accordato, dove ogni voce non si sovrapponesse alle altre.
La sua maggiore forza risiede nel fatto che non si aggrappa a forze politiche per farne una specie di referendum. Sarebbe catastrofico, proprio così. Niente finali wagneriani, niente caduta degli dei: solo lo stacco dell'ultima singola nota, ben sapendo che basta saltare un passaggio e saremmo da capo, sipario.