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La situazione nella Striscia di Gaza è sempre più critica. L'offensiva israeliana ha lasciato il segno su tutto il territorio, con il 92% degli edifici residenziali danneggiati o distrutti. La popolazione, già costretta a trattenere il respiro per la fragile tregua in corso, deve adesso affrontare le piogge torrenziali che allagano senza sosta le tendopoli. È come se il destino della Striscia fosse condannato a soffrire per sempre.
La speranza di creazione di uno Stato palestinese sembra sempre più lontana, con Israele che non vuole né oggi, né mai pensare a una soluzione pacifica. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa'ar, è chiaro nel suo rifiuto: "Non accetteremo l'instaurazione di uno Stato del terrore palestinese nel cuore della terra di Israele". Ancora più duro è il ministro della Difesa, Israel Katz, che afferma che la politica di Israele è chiara: "Non ci sarà uno Stato palestinese".
Ma cosa significa questa decisione per gli abitanti della Striscia? Per loro, significano solo piogge e distruzioni. I gazawi hanno pochi beni rimasti a loro disposizione, e le forze israeliane stanno già pensando a come disarmare Hamas e smilitarizzare la zona. È come se la situazione fosse condannata a ripetere lo stesso cycle di violenza e repressione.
La seconda fase del piano Usa, che prevede l'invio di una forza internazionale di stabilizzazione, sembra solo un modo per Israele di mantenere il controllo su Gaza. E se la Russia e i paesi arabi continuano a sostenere questo piano, mentre Mosca presenta una controrisoluzione che omette qualsiasi riferimento al Board of Peace? Si tratta di un voto che potrebbe slittare o infrangere contro il veto russo e cinese.
In questo clima di paura e incertezza, è importante ricordare che la Striscia di Gaza non è solo una questione politica, ma anche umana. I gazawi hanno diritti umani fondamentali che devono essere rispettati. La situazione nella Striscia è sempre più critica, e bisogna agire per cambiare questo scenario.
La speranza di creazione di uno Stato palestinese sembra sempre più lontana, con Israele che non vuole né oggi, né mai pensare a una soluzione pacifica. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa'ar, è chiaro nel suo rifiuto: "Non accetteremo l'instaurazione di uno Stato del terrore palestinese nel cuore della terra di Israele". Ancora più duro è il ministro della Difesa, Israel Katz, che afferma che la politica di Israele è chiara: "Non ci sarà uno Stato palestinese".
Ma cosa significa questa decisione per gli abitanti della Striscia? Per loro, significano solo piogge e distruzioni. I gazawi hanno pochi beni rimasti a loro disposizione, e le forze israeliane stanno già pensando a come disarmare Hamas e smilitarizzare la zona. È come se la situazione fosse condannata a ripetere lo stesso cycle di violenza e repressione.
La seconda fase del piano Usa, che prevede l'invio di una forza internazionale di stabilizzazione, sembra solo un modo per Israele di mantenere il controllo su Gaza. E se la Russia e i paesi arabi continuano a sostenere questo piano, mentre Mosca presenta una controrisoluzione che omette qualsiasi riferimento al Board of Peace? Si tratta di un voto che potrebbe slittare o infrangere contro il veto russo e cinese.
In questo clima di paura e incertezza, è importante ricordare che la Striscia di Gaza non è solo una questione politica, ma anche umana. I gazawi hanno diritti umani fondamentali che devono essere rispettati. La situazione nella Striscia è sempre più critica, e bisogna agire per cambiare questo scenario.