PensieroComune
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Il caso del chimico cinese Zhi Dong Zhang, considerato l'architetto del traffico globale di fentanyl, è stato un giro di vite che ha messo a dura prova la giustizia messicana e la diplomazia internazionale. La sua evasione tra Messico, Cuba e Russia, seguita dal suo arresto da parte degli Stati Uniti, ha svelato le crepe nella rete criminale globale che collega Pechino ai cartelli messicani.
Zhang era salito su un jet privato diretto a Cuba, dove si era imbarcato per la Russia. Le autorità di Mosca, ignare della sua identità, gli hanno però negato l'ingresso, ordinando il rimpatrio immediato all'Avana. Da lì, Cuba lo ha estradato in Messico, che lo ha infine consegnato a Washington. La cattura del boss è stata salutata come un successo anche dal governo di Città del Messico, desideroso di mostrare a Washington la propria cooperazione nella guerra al fentanyl.
Ma l'evasione di luglio aveva già provocato un terremoto politico. La presidente Claudia Sheinbaum aveva denunciato pubblicamente la magistratura: "Gli sono stati concessi gli arresti domiciliari senza alcun motivo. È evidente che c'è corruzione nella giustizia". Dietro Zhang si muove un sistema industriale del crimine, descritto come uno "genio della chimica criminale" in grado di sviluppare nuove formule per eludere i controlli internazionali e addestrare tecnici dei cartelli alla produzione su larga scala.
Il suo arresto rappresenta anche una partita geopolitica. La cooperazione tra Messico, Cuba e Stati Uniti per catturarlo ha svelato un inedito coordinamento diplomatico tra Paesi spesso in tensione. Il ministro della Sicurezza messicano Omar García Harfuch ha ringraziato L'Avana per la "preziosa collaborazione", sottolineando che Zhang manteneva "alleanze con gruppi criminali presenti nelle Americhe, in Europa e in Asia".
La rete di Zhang era capillare: da laboratori clandestini in Asia partivano i precursori chimici che raggiungevano via mare i porti del Pacifico messicano, dove i cartelli li trasformavano in fentanyl e li spedivano negli Stati Uniti nascosti nei container o nei semisommergibili. "Zhang era il ponte tra due mondi criminali che fino a pochi anni fa operavano separatamente", spiegano fonti investigative.
La sua cattura, affermano gli inquirenti, "potrebbe rivelare quanto profonda sia la connessione finanziaria tra Pechino e le rotte globali del narcotraffico". La vicenda lascia in sospeso una domanda cruciale: come è stato possibile che uno dei criminali più sorvegliati al mondo riuscisse a evadere grazie a una decisione giudiziaria controversa e a documenti falsi?
Zhang era salito su un jet privato diretto a Cuba, dove si era imbarcato per la Russia. Le autorità di Mosca, ignare della sua identità, gli hanno però negato l'ingresso, ordinando il rimpatrio immediato all'Avana. Da lì, Cuba lo ha estradato in Messico, che lo ha infine consegnato a Washington. La cattura del boss è stata salutata come un successo anche dal governo di Città del Messico, desideroso di mostrare a Washington la propria cooperazione nella guerra al fentanyl.
Ma l'evasione di luglio aveva già provocato un terremoto politico. La presidente Claudia Sheinbaum aveva denunciato pubblicamente la magistratura: "Gli sono stati concessi gli arresti domiciliari senza alcun motivo. È evidente che c'è corruzione nella giustizia". Dietro Zhang si muove un sistema industriale del crimine, descritto come uno "genio della chimica criminale" in grado di sviluppare nuove formule per eludere i controlli internazionali e addestrare tecnici dei cartelli alla produzione su larga scala.
Il suo arresto rappresenta anche una partita geopolitica. La cooperazione tra Messico, Cuba e Stati Uniti per catturarlo ha svelato un inedito coordinamento diplomatico tra Paesi spesso in tensione. Il ministro della Sicurezza messicano Omar García Harfuch ha ringraziato L'Avana per la "preziosa collaborazione", sottolineando che Zhang manteneva "alleanze con gruppi criminali presenti nelle Americhe, in Europa e in Asia".
La rete di Zhang era capillare: da laboratori clandestini in Asia partivano i precursori chimici che raggiungevano via mare i porti del Pacifico messicano, dove i cartelli li trasformavano in fentanyl e li spedivano negli Stati Uniti nascosti nei container o nei semisommergibili. "Zhang era il ponte tra due mondi criminali che fino a pochi anni fa operavano separatamente", spiegano fonti investigative.
La sua cattura, affermano gli inquirenti, "potrebbe rivelare quanto profonda sia la connessione finanziaria tra Pechino e le rotte globali del narcotraffico". La vicenda lascia in sospeso una domanda cruciale: come è stato possibile che uno dei criminali più sorvegliati al mondo riuscisse a evadere grazie a una decisione giudiziaria controversa e a documenti falsi?