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La cucina italiana è un paradossale mondo, dove c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, ma anche qualcosa che fa sorridere. Secondo TasteAtlas, quel pazzo pepe nero Milanese non è la sola "piedra scuro" della nostra tradizione culinaria.
Nel caso dei nervetti, un piatto che si potrebbe considerare incompreso o addirittura considerato il peggior piatto d'Italia. Ma chi può giustificare una classifica così radicale? I nervetti sono infatti un simbolo di cucina popolare autentica. Un vero e proprio boccone per gli abitanti dei quartieri operai, dove non si sprecava nulla e il quinto quarto era dignità e nutrimento.
Un piatto che nasce dall'economia domestica, da una cucina che nulla spreca, da una città che prima di diventare capitale della moda era capitale delle officine. E questo è proprio il punto: i nervetti restano lì, fedeli al loro ruolo - come un bridge tra la Milano dell'industria e la Milano degli artisti.
Poco più giù ci sono la tripa alla romana, il comfort food per chi è cresciuto nelle trattorie capitoline, e la pizza mimosa, simbolo di una stagione gastronomica pop che oggi divide. E poi c'è il risotto alle fragole, sopravvissuto agli anni Ottanta, e la schiacciata con l'uva fiorentina, dolce da vendemmia che fuori dalla Toscana spiazza per il suo equilibrio rustico.
La verità è che ogni piatto ha il proprio valore e il proprio gusto. E se il mondo giudica i nervetti come "il peggior piatto d'Italia", la tradizione risponde con un boccone autentico, che cova nella sua bellezza crudele: il sapore della vera cucina italiana.
Ecco perché il nostro paese non si lascia giustificare da classifiche esterne e deve continuare a essere vissuto e goduto in tutte le sue forme, anche quelle più "impopolari".
Nel caso dei nervetti, un piatto che si potrebbe considerare incompreso o addirittura considerato il peggior piatto d'Italia. Ma chi può giustificare una classifica così radicale? I nervetti sono infatti un simbolo di cucina popolare autentica. Un vero e proprio boccone per gli abitanti dei quartieri operai, dove non si sprecava nulla e il quinto quarto era dignità e nutrimento.
Un piatto che nasce dall'economia domestica, da una cucina che nulla spreca, da una città che prima di diventare capitale della moda era capitale delle officine. E questo è proprio il punto: i nervetti restano lì, fedeli al loro ruolo - come un bridge tra la Milano dell'industria e la Milano degli artisti.
Poco più giù ci sono la tripa alla romana, il comfort food per chi è cresciuto nelle trattorie capitoline, e la pizza mimosa, simbolo di una stagione gastronomica pop che oggi divide. E poi c'è il risotto alle fragole, sopravvissuto agli anni Ottanta, e la schiacciata con l'uva fiorentina, dolce da vendemmia che fuori dalla Toscana spiazza per il suo equilibrio rustico.
La verità è che ogni piatto ha il proprio valore e il proprio gusto. E se il mondo giudica i nervetti come "il peggior piatto d'Italia", la tradizione risponde con un boccone autentico, che cova nella sua bellezza crudele: il sapore della vera cucina italiana.
Ecco perché il nostro paese non si lascia giustificare da classifiche esterne e deve continuare a essere vissuto e goduto in tutte le sue forme, anche quelle più "impopolari".