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"Obesità e morte nel carcere: la storia di Francesco De Leo. Un uomo che peso sulla società italiana"
Nel carcere delle Vallette di Torino, un detenuto di oltre 260 chili è morto per cause naturali, seguito da un arresto cardiaco. La sua vicenda ha suscitato polemiche e preoccupazioni tra i familiari e gli organi di stampa.
Un uomo che pesava come una montagna. Francesco De Leo, un 50enne residente a Cuneo, era stato arrestato per reati di truffa e stava scontando una pena fino al 2040. La sua condizione fisica era tale da richiedere una cella apposita nel carcere dove veniva trasferito.
L'obesità di De Leo era un problema grave, che richiedeva cure speciali. Era stato allestito una carrozzina elettrica di grandi dimensioni per poterlo spostare all'interno del penitenziario. Nonostante le difficoltà di collocazione, il detenuto aveva avuto un arresto cardiaco ed era stato soccorso dal 118.
"Stava male e lo sapevamo tutti", ha denunciato fratello di Francesco De Leo a diversi organi di stampa. Il familiare ha raccontato di averlo sentito due giorni prima della morte: De Leo gli avrebbe detto che nessuno si prendeva cura di lui e che era costretto a dormire su una branda, nonostante pesasse 260 chili.
Una storia che suscita polemiche. La situazione aveva suscitato polemiche da parte dell'Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che aveva contestato l'impiego di "dieci agenti al giorno sottratti al personale già in affanno della casa circondariale cuneese". Il Dap aveva poi disposto il trasferimento a Torino, dove era stata costruita la cella adeguata alle sue esigenze.
E adesso? La morte di Francesco De Leo è un ricordo che ci fa riflettere sulla nostra società. Un uomo che pesava 260 chili e non aveva cure speciali da fornire. Una storia che ci fa chiedere cosa possiamo fare per aiutare le persone che si trovano in situazioni simili.
"È morto, ma la sua storia non deve morire con lui", ha detto un'amica del familiare di De Leo. "Debemmo prendere coscienza della crisi di obesità che colpisce l'Italia e delle carenze dell'assistenza sanitaria e penitenziaria".
La verità è che la morte di Francesco De Leo è solo un esempio di come le nostre società possano essere cieche di fronte alle persone che si trovano in situazioni di disperazione. Ma è anche un invito a riflettere sulla nostra responsabilità di aiutare chi più ne ha bisogno.
Nel carcere delle Vallette di Torino, un detenuto di oltre 260 chili è morto per cause naturali, seguito da un arresto cardiaco. La sua vicenda ha suscitato polemiche e preoccupazioni tra i familiari e gli organi di stampa.
Un uomo che pesava come una montagna. Francesco De Leo, un 50enne residente a Cuneo, era stato arrestato per reati di truffa e stava scontando una pena fino al 2040. La sua condizione fisica era tale da richiedere una cella apposita nel carcere dove veniva trasferito.
L'obesità di De Leo era un problema grave, che richiedeva cure speciali. Era stato allestito una carrozzina elettrica di grandi dimensioni per poterlo spostare all'interno del penitenziario. Nonostante le difficoltà di collocazione, il detenuto aveva avuto un arresto cardiaco ed era stato soccorso dal 118.
"Stava male e lo sapevamo tutti", ha denunciato fratello di Francesco De Leo a diversi organi di stampa. Il familiare ha raccontato di averlo sentito due giorni prima della morte: De Leo gli avrebbe detto che nessuno si prendeva cura di lui e che era costretto a dormire su una branda, nonostante pesasse 260 chili.
Una storia che suscita polemiche. La situazione aveva suscitato polemiche da parte dell'Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che aveva contestato l'impiego di "dieci agenti al giorno sottratti al personale già in affanno della casa circondariale cuneese". Il Dap aveva poi disposto il trasferimento a Torino, dove era stata costruita la cella adeguata alle sue esigenze.
E adesso? La morte di Francesco De Leo è un ricordo che ci fa riflettere sulla nostra società. Un uomo che pesava 260 chili e non aveva cure speciali da fornire. Una storia che ci fa chiedere cosa possiamo fare per aiutare le persone che si trovano in situazioni simili.
"È morto, ma la sua storia non deve morire con lui", ha detto un'amica del familiare di De Leo. "Debemmo prendere coscienza della crisi di obesità che colpisce l'Italia e delle carenze dell'assistenza sanitaria e penitenziaria".
La verità è che la morte di Francesco De Leo è solo un esempio di come le nostre società possano essere cieche di fronte alle persone che si trovano in situazioni di disperazione. Ma è anche un invito a riflettere sulla nostra responsabilità di aiutare chi più ne ha bisogno.