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Bortolotti: l'assoluzione è una liberazione per la mamma
La sentenza della Corte d'Assise di Bergamo ha lasciato poche speranze per Maria Esposito, la procura che aveva richiesto l'ergastolo per Monia Bortolotti. I giudici hanno ritenuto che il reato non sussistesse e che l'imputata fosse "non punibile" perché "non era capace di intendere e volere al momento del fatto". Una sentenza che ha scatenato un'ondata di sollievo nella famiglia della mamma, ma anche una preoccupazione per la sua salute mentale.
Il 15 novembre 2021, Monia Bortolotti aveva ucciso il suo figlio neonato Alice, di quattro mesi. Il 25 ottobre del 2022, aveva fatto lo stesso con Mattia, di due mesi. La donna era accusata di duplice infanticidio e la procura aveva richiesto l'ergastolo per lei.
Ma i giudici hanno concluso che Bortolotti soffrisse già da tempo di un disturbo depressivo maggiore con tendenze psicopatiche dipendenti dall'umore. La sentenza è stata considerata una liberazione per la mamma, che era rimasta intrappolata in una spirale di disperazione e depressione.
La difesa aveva chiesto l'assoluzione o il proscioglimento per vizio di mente, e i giudici hanno accolto la richiesta. Ma la sentenza non ha lasciato poche speranze per Maria Esposito, che aveva richiesto l'ergastolo per Bortolotti.
La donna è stata disposta a una misura di sicurezza: andrà in una struttura Rems per 10 anni. La sua condizione sarà valutata dagli esperti ogni sei mesi. "Non mi aspettavo nulla di diverso da un'assoluzione", ha dichiarato l'avvocato Luca Bosisio, legale dell'imputata.
La sentenza è stata considerata una boccata d'aria per la famiglia della mamma, che aveva vissuto una tragedia terribile. Ma anche una preoccupazione per la sua salute mentale. Bortolotti è una donna che soffre di disturbi mentali gravi e che ha bisogno di cure e trattamento.
La sentenza è stata resa nota entro 90 giorni. Ma per ora, Monia Bortolotti può finalmente respirare più liberamente.
La sentenza della Corte d'Assise di Bergamo ha lasciato poche speranze per Maria Esposito, la procura che aveva richiesto l'ergastolo per Monia Bortolotti. I giudici hanno ritenuto che il reato non sussistesse e che l'imputata fosse "non punibile" perché "non era capace di intendere e volere al momento del fatto". Una sentenza che ha scatenato un'ondata di sollievo nella famiglia della mamma, ma anche una preoccupazione per la sua salute mentale.
Il 15 novembre 2021, Monia Bortolotti aveva ucciso il suo figlio neonato Alice, di quattro mesi. Il 25 ottobre del 2022, aveva fatto lo stesso con Mattia, di due mesi. La donna era accusata di duplice infanticidio e la procura aveva richiesto l'ergastolo per lei.
Ma i giudici hanno concluso che Bortolotti soffrisse già da tempo di un disturbo depressivo maggiore con tendenze psicopatiche dipendenti dall'umore. La sentenza è stata considerata una liberazione per la mamma, che era rimasta intrappolata in una spirale di disperazione e depressione.
La difesa aveva chiesto l'assoluzione o il proscioglimento per vizio di mente, e i giudici hanno accolto la richiesta. Ma la sentenza non ha lasciato poche speranze per Maria Esposito, che aveva richiesto l'ergastolo per Bortolotti.
La donna è stata disposta a una misura di sicurezza: andrà in una struttura Rems per 10 anni. La sua condizione sarà valutata dagli esperti ogni sei mesi. "Non mi aspettavo nulla di diverso da un'assoluzione", ha dichiarato l'avvocato Luca Bosisio, legale dell'imputata.
La sentenza è stata considerata una boccata d'aria per la famiglia della mamma, che aveva vissuto una tragedia terribile. Ma anche una preoccupazione per la sua salute mentale. Bortolotti è una donna che soffre di disturbi mentali gravi e che ha bisogno di cure e trattamento.
La sentenza è stata resa nota entro 90 giorni. Ma per ora, Monia Bortolotti può finalmente respirare più liberamente.