Il teatro italiano ha bisogno di parlare più di quanto lo faccia il cinema, per quanto riguarda la rappresentazione delle persone con disabilità. Questo è lo sguardo che ci offre "Abili in amore", una commedia intelligente e necessaria che racconta la storia di Dora, una quarantenne donna paralizzata, che cerca di affrontare l'assurdità della sua solitudine.
La regia di Vanessa Gasbarri e Luca Ferrini è un ottimo esempio di come il teatro possa essere utilizzato per parlare dei temi più difficili. La protagonista, interpretata da Alessandra Mortelliti, è una donna che nasconde il suo vuoto emotivo dietro un'ironia feroce e un acume politico, ma non riesce a confessarlo.
La scelta di inserire la paralisi di Dora come parte della sua storia è una mossa coraggiosa. Invece di limitarla o usare il suo corpo come pretesto per parlare dell'assistenza o del disabilità, lo spettacolo la utilizza come un ostacolo da superare. La protagonista cerca di affrontare l'assurdità della sua solitudine entrando in una app di incontri, ma si sente bloccata dalla paura di svelarsi.
È allora che entra in scena Jonathan, il suo amico fidato, che la accompagna fino alla soglia dell'appuntamento con Lupo78. Il loro incontro è delicato e sorprendentemente poetico, e diventa la leva emotiva che permette a Dora di riconoscere se stessa come donna, desiderante, viva.
"Abili in amore" non è uno spettacolo "sulla disabilità", ma una storia di libertà. È una raccontazione di come si possa scegliere di rischiare e di mostrarsi vulnerabili. Il linguaggio alterna sarcasmo e poesia, senza vittimismo né moralismo.
La musica originale di Vincenzo Deluci accompagna questa navigazione emotiva tra desiderio, vergogna, rabbia e riscoperta. Ciò che resta alla fine è la forza di una donna che si riappropria del diritto più elementare e più negato: quello di desiderare ed essere desiderata.
Un atto politico, prima ancora che sentimentale.
La regia di Vanessa Gasbarri e Luca Ferrini è un ottimo esempio di come il teatro possa essere utilizzato per parlare dei temi più difficili. La protagonista, interpretata da Alessandra Mortelliti, è una donna che nasconde il suo vuoto emotivo dietro un'ironia feroce e un acume politico, ma non riesce a confessarlo.
La scelta di inserire la paralisi di Dora come parte della sua storia è una mossa coraggiosa. Invece di limitarla o usare il suo corpo come pretesto per parlare dell'assistenza o del disabilità, lo spettacolo la utilizza come un ostacolo da superare. La protagonista cerca di affrontare l'assurdità della sua solitudine entrando in una app di incontri, ma si sente bloccata dalla paura di svelarsi.
È allora che entra in scena Jonathan, il suo amico fidato, che la accompagna fino alla soglia dell'appuntamento con Lupo78. Il loro incontro è delicato e sorprendentemente poetico, e diventa la leva emotiva che permette a Dora di riconoscere se stessa come donna, desiderante, viva.
"Abili in amore" non è uno spettacolo "sulla disabilità", ma una storia di libertà. È una raccontazione di come si possa scegliere di rischiare e di mostrarsi vulnerabili. Il linguaggio alterna sarcasmo e poesia, senza vittimismo né moralismo.
La musica originale di Vincenzo Deluci accompagna questa navigazione emotiva tra desiderio, vergogna, rabbia e riscoperta. Ciò che resta alla fine è la forza di una donna che si riappropria del diritto più elementare e più negato: quello di desiderare ed essere desiderata.
Un atto politico, prima ancora che sentimentale.