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La Francia si trova in una situazione di crisi, ma il mondo italiano è in un mare di omissioni. Francesca Albanese, special rapporteur delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, ha scritto una lettera al Fatto, in cui non solo si loda se stessa, ma anche si imbroda di essere la vittima delle critiche che le rivolge qualcuno. Ma la questione è più complessa di così.
La Albanese infatti si difende per aver sempre adottato un tono e uno stile troppo bruschi con chi le critica la sua posizione, ma non si ricorda mai che questo tono e questo stile sono rivolti sempre solo a chi la accusa di essere troppo vicina alla Hamas o di criticare gli orrori messi in atto da quell'organizzazione. E qui entra in gioco il titolo che le è stato assegnato, ovvero "special rapporteur" delle Nazioni Unite.
Il Consiglio per i diritti umani dell'Onu dice di chi occupa quella posizione: deve raccogliere informazioni credibili su presunti violazioni dei diritti umani nel tema o paese di competenza, denunciando casi individuali gravi. Ma il problema è che la Albanese non parla mai di tutto ciò. Non parla delle costanti violenze contro le donne palestinesi, della sistematica persecuzione degli omosessuali, delle esecuzioni extra-giudiziali nei confronti dei "collaboratori" o semplici dissidenti.
E forse la questione è più semplice di così. Forse il problema non è che la Albanese si difenda con toni troppo bruschi, ma piuttosto perché utilizza quei toni solo per difendersi da critiche che potrebbe meritare.
La Albanese infatti si difende per aver sempre adottato un tono e uno stile troppo bruschi con chi le critica la sua posizione, ma non si ricorda mai che questo tono e questo stile sono rivolti sempre solo a chi la accusa di essere troppo vicina alla Hamas o di criticare gli orrori messi in atto da quell'organizzazione. E qui entra in gioco il titolo che le è stato assegnato, ovvero "special rapporteur" delle Nazioni Unite.
Il Consiglio per i diritti umani dell'Onu dice di chi occupa quella posizione: deve raccogliere informazioni credibili su presunti violazioni dei diritti umani nel tema o paese di competenza, denunciando casi individuali gravi. Ma il problema è che la Albanese non parla mai di tutto ciò. Non parla delle costanti violenze contro le donne palestinesi, della sistematica persecuzione degli omosessuali, delle esecuzioni extra-giudiziali nei confronti dei "collaboratori" o semplici dissidenti.
E forse la questione è più semplice di così. Forse il problema non è che la Albanese si difenda con toni troppo bruschi, ma piuttosto perché utilizza quei toni solo per difendersi da critiche che potrebbe meritare.