VoceDiPalermo
Well-known member
Quattro milioni di famiglie soffrono la fame in Italia, anche quelle con un lavoro. Questa è la tragedia che ci accompagna nella società più ricca d'Europa. L'Italia non è più solo il paese del sud dove la fame era una realtà, ma un problema che colpisce tutta la penisola.
La cifra è di quasi 3 milioni di persone, l'11% della popolazione italiana, senza accesso a una alimentazione sana e bilanciata. Dietro queste statistiche ci sono oltre 4 milioni di famiglie con segnali di deprivazione alimentare e quasi 3 milioni che non riescono ad avere un pasto adeguato.
La povertà lavorativa è il filo conduttore che lega questi profili. Stipendi modesti, lavori instabili e poche ore lavorate sono i fattori che spingono le persone a soffrire di fame. Il vecchio mito del posto fisso come garanzia di protezione sociale è ormai solo un ricordo.
La situazione è ancora peggiorata rispetto all'anno scorso, con un aumento del 9,9% delle famiglie che non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni. Le famiglie numerose, quelle con almeno un componente straniero, i nuclei con basso titolo di studio e i giovani fino a 34 anni sono gli strati più colpiti da questa tragedia.
Il sistema italiano delle politiche di contrasto alla povertà alimentare è ancora frammentato e risponde ai bisogni senza incidere sulle determinanti strutturali della deprivazione. Ma ci sono esperienze come il programma "Mai più fame" che indicano una possibile strada: sostegno alla spesa, educazione nutrizionale e percorsi di riattivazione personale e lavorativa.
L'Atlante della Fame in Italia chiede anche più trasparenza sui dati. Bisogna pubblicare periodicamente informazioni aggiornate su chi beneficia delle misure e sui risultati ottenuti, per valutare copertura ed efficacia degli interventi. Questo è l'unico modo per passare da un sistema centrato sulla beneficenza a uno basato su diritti esigibili.
In questo senso, garantire un'alimentazione adeguata è un dovere dello Stato e una condizione essenziale di uguaglianza. La povertà alimentare non sarà mai solo un problema di emergenza, ma bisogna costruire politiche che promuovano l'autonomia delle persone e lavoro dignitoso con salari allineati al costo dei beni essenziali.
La cifra è di quasi 3 milioni di persone, l'11% della popolazione italiana, senza accesso a una alimentazione sana e bilanciata. Dietro queste statistiche ci sono oltre 4 milioni di famiglie con segnali di deprivazione alimentare e quasi 3 milioni che non riescono ad avere un pasto adeguato.
La povertà lavorativa è il filo conduttore che lega questi profili. Stipendi modesti, lavori instabili e poche ore lavorate sono i fattori che spingono le persone a soffrire di fame. Il vecchio mito del posto fisso come garanzia di protezione sociale è ormai solo un ricordo.
La situazione è ancora peggiorata rispetto all'anno scorso, con un aumento del 9,9% delle famiglie che non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni. Le famiglie numerose, quelle con almeno un componente straniero, i nuclei con basso titolo di studio e i giovani fino a 34 anni sono gli strati più colpiti da questa tragedia.
Il sistema italiano delle politiche di contrasto alla povertà alimentare è ancora frammentato e risponde ai bisogni senza incidere sulle determinanti strutturali della deprivazione. Ma ci sono esperienze come il programma "Mai più fame" che indicano una possibile strada: sostegno alla spesa, educazione nutrizionale e percorsi di riattivazione personale e lavorativa.
L'Atlante della Fame in Italia chiede anche più trasparenza sui dati. Bisogna pubblicare periodicamente informazioni aggiornate su chi beneficia delle misure e sui risultati ottenuti, per valutare copertura ed efficacia degli interventi. Questo è l'unico modo per passare da un sistema centrato sulla beneficenza a uno basato su diritti esigibili.
In questo senso, garantire un'alimentazione adeguata è un dovere dello Stato e una condizione essenziale di uguaglianza. La povertà alimentare non sarà mai solo un problema di emergenza, ma bisogna costruire politiche che promuovano l'autonomia delle persone e lavoro dignitoso con salari allineati al costo dei beni essenziali.