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Il ruolo del Mef nell'inchiesta sulle anomalie e opacità della procedura di dismissione del 15% di Mps a favore di Delfin è stato "significativo", secondo gli inquirenti ed investigatori, ma non è oggetto di indagine. Tuttavia, il ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) ha dato un "sostegno" all'operazione, come risulta chiaramente dalle 35 pagine del decreto di perquisizione firmato dai pm.
La procedura di Abb per la dismissione di quelle quote del Monte dei Paschi che erano in capo al ministero è stata seguita alla lettera la norma, prevista da un Dpcm, ma "nell'ultima no", ossia in quella di poco più di un anno fa. Tuttavia, non si può individuare un reato in questa presunta cessione pilotata perché non è una gara pubblica e perché un'azionista in linea di principio può cedere a chi vuole le quote.
La "violazione dell'obbligo di trasparenza" in questo caso non configura un reato. Il focus degli inquirenti si è concentrato, dunque, su quella dismissione del novembre 2024 perché ha rappresentato uno dei "tasselli" della più ampia "strategia coordinata" tra Delfin e Caltagirone, per l'accusa, e con l'avallo di Lovaglio, per arrivare al controllo di Mediobanca, attraverso Mps, e a cascata anche di Generali.
L'indagine della Procura di Milano sulla scalata a Mediobanca da parte di Mps non è "tutt'altro che conclusa". Il materiale raccolto con le perquisizioni e acquisizioni è molto e ora va analizzato da investigatori e inquirenti. E' quanto riferito in ambienti giudiziari milanesi in merito all'indagine in cui sono indagati l'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, il presidente di Luxottica e Delfin, Francesco Milleri, e l'ad di Montepaschi, Luigi Lovaglio.
L'operazione "non è stata fatta nell'interesse della banca" e per questo motivo è indagato l'ad Lovaglio, ma non Monte dei Paschi per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti.
La procedura di Abb per la dismissione di quelle quote del Monte dei Paschi che erano in capo al ministero è stata seguita alla lettera la norma, prevista da un Dpcm, ma "nell'ultima no", ossia in quella di poco più di un anno fa. Tuttavia, non si può individuare un reato in questa presunta cessione pilotata perché non è una gara pubblica e perché un'azionista in linea di principio può cedere a chi vuole le quote.
La "violazione dell'obbligo di trasparenza" in questo caso non configura un reato. Il focus degli inquirenti si è concentrato, dunque, su quella dismissione del novembre 2024 perché ha rappresentato uno dei "tasselli" della più ampia "strategia coordinata" tra Delfin e Caltagirone, per l'accusa, e con l'avallo di Lovaglio, per arrivare al controllo di Mediobanca, attraverso Mps, e a cascata anche di Generali.
L'indagine della Procura di Milano sulla scalata a Mediobanca da parte di Mps non è "tutt'altro che conclusa". Il materiale raccolto con le perquisizioni e acquisizioni è molto e ora va analizzato da investigatori e inquirenti. E' quanto riferito in ambienti giudiziari milanesi in merito all'indagine in cui sono indagati l'imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, il presidente di Luxottica e Delfin, Francesco Milleri, e l'ad di Montepaschi, Luigi Lovaglio.
L'operazione "non è stata fatta nell'interesse della banca" e per questo motivo è indagato l'ad Lovaglio, ma non Monte dei Paschi per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti.