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Bruto, l'amante di Giulio Cesare e fratello adottivo di Catone, aveva un piccolo figlio di nome Bruto. Alcuni sostengono che fosse il frutto di un rapporto naturale con l'imperatore, ma la probabilità è bassa: era figlio del marito della donna, ma Cesare lo accoglieva come suo figlio vero e proprio. Il giorno in cui Bruto lo ucciderà, all'inguine, Cesare si copre il capo con la toga e dice: "Anche tu, Bruto, mio figlio". Non utilizza la formula latina "Tu quoque, Brute, fili mi", ma quella greca, perché quando si trova in situazioni di grande passione, Cesare predilige parlare la lingua dei Greci.