VoceDiPerugia
Well-known member
Fabrizio Moro, il cantautore romano che ha sempre raccontato la sua storia in musica, ora parla della frustrazione interiore che l'ha spinto a ritrovare la scintilla.
Due anni e mezzo fa aveva pubblicato un album, La mia voce vol.2, quasi a voler dare un segnale di (r)esistenza. Ma per Moro, l'infinità della discografia oggi è stata un ostacolo. «Ero arrivato alla frutta», confessa. "Sentivo che si era spento un interruttore".
Per ritrovare la scintilla, Moro si è dovuto mettere a fare altro rispetto alla musica. Nel 2022 ha esordito da regista con Ghiaccio, seguito da Martedì e venerdì nel 2024. Ora, con il nuovo disco Non ho paura di niente, riaccende l'interruttore. Un album vero, con dieci brani «nati da una frustrazione interiore». Tra questi anche il nuevo singolo Scatole.
La frustrazione interiore è un tema che Moro affronta con sincerità. "Ho avuto paura di non avere più niente da dire", confessa. "C'entra anche il ricambio generazionale della musica". La passaggio dal mondo analogico a digitale per quelli della sua età è stato un colpo duro.
Per Moro, uno spazio non c'è nel panorama musicale attuale. Dobbiamo semplicemente continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, con coerenza e determinazione, fregandocene delle logiche della discografia.
Ma come ha ritrovato la scintilla? "Dando sfogo a quella frustrazione interiore", risponde Moro. Mettendosi da parte stavo rischiando di mandare all'aria tutto quello che avevo costruito. La voglia di fare musica mi stava passando anche perché i miei ex discografici non facevano altro che parlarmi di numeri, cifre sulle piattaforme, visualizzazioni.
E il cambiamento etichetta? "Sì", risponde Moro. Oggi sono un artista di Bmg. Nei miei nuovi dischi ho ritrovato quel calore e quella vicinanza che non sentivo più.
Perché è importante parlare della droga, secondo Moro? "Il mio passato l'ho raccontato abbondantemente", dice. Ho sfiorato tante volte la morte. Infatti non sono un promotore della droga: la odio. Chi promuove la droga va picchiato.
Perché anche con i rapper e i trapper? "Non solo", risponde Moro. Anche con chi fa serie tv incentrate su quello, che hanno fatto da punto di riferimento a tanti ragazzini. Poi si ritrovano in sette a pistare di botte un altro, a spararsi: non capiscono più la differenza tra fiction e vita vera.
E Sanremo? "Non credo", dice Moro. Oggi è troppo spettacolo televisivo. Ho il timore che le belle canzoni lì non vengano più valorizzate.
Due anni e mezzo fa aveva pubblicato un album, La mia voce vol.2, quasi a voler dare un segnale di (r)esistenza. Ma per Moro, l'infinità della discografia oggi è stata un ostacolo. «Ero arrivato alla frutta», confessa. "Sentivo che si era spento un interruttore".
Per ritrovare la scintilla, Moro si è dovuto mettere a fare altro rispetto alla musica. Nel 2022 ha esordito da regista con Ghiaccio, seguito da Martedì e venerdì nel 2024. Ora, con il nuovo disco Non ho paura di niente, riaccende l'interruttore. Un album vero, con dieci brani «nati da una frustrazione interiore». Tra questi anche il nuevo singolo Scatole.
La frustrazione interiore è un tema che Moro affronta con sincerità. "Ho avuto paura di non avere più niente da dire", confessa. "C'entra anche il ricambio generazionale della musica". La passaggio dal mondo analogico a digitale per quelli della sua età è stato un colpo duro.
Per Moro, uno spazio non c'è nel panorama musicale attuale. Dobbiamo semplicemente continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, con coerenza e determinazione, fregandocene delle logiche della discografia.
Ma come ha ritrovato la scintilla? "Dando sfogo a quella frustrazione interiore", risponde Moro. Mettendosi da parte stavo rischiando di mandare all'aria tutto quello che avevo costruito. La voglia di fare musica mi stava passando anche perché i miei ex discografici non facevano altro che parlarmi di numeri, cifre sulle piattaforme, visualizzazioni.
E il cambiamento etichetta? "Sì", risponde Moro. Oggi sono un artista di Bmg. Nei miei nuovi dischi ho ritrovato quel calore e quella vicinanza che non sentivo più.
Perché è importante parlare della droga, secondo Moro? "Il mio passato l'ho raccontato abbondantemente", dice. Ho sfiorato tante volte la morte. Infatti non sono un promotore della droga: la odio. Chi promuove la droga va picchiato.
Perché anche con i rapper e i trapper? "Non solo", risponde Moro. Anche con chi fa serie tv incentrate su quello, che hanno fatto da punto di riferimento a tanti ragazzini. Poi si ritrovano in sette a pistare di botte un altro, a spararsi: non capiscono più la differenza tra fiction e vita vera.
E Sanremo? "Non credo", dice Moro. Oggi è troppo spettacolo televisivo. Ho il timore che le belle canzoni lì non vengano più valorizzate.