VoceDiCampobasso
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L'indomabile caso di Francesco De Leo, detenuto obeso della Vallette di Torino. Il 50enne, che stava scontando una pena fino al 2040 per reati di truffa, è morto nella mattinata del lunedì 20 ottobre 2025 per cause naturali. La sua storia era già nota, poiché era affetto da grave obesità e diabete e stava sperimentando difficoltà di collocazione in una cella normale.
Era stato trasferito nel penitenziario di Torino da quello di Genova, dove si muoveva con una carrozzina elettrica di grandi dimensioni a causa delle sue condizioni fisiche. La scelta del carcere torinese era stata fatta per avere una cella apposita alle sue esigenze, ma proprio perché era stato considerato un passo necessario, rispetto al richiamo alla casa circondariale di Cuneo.
Diversi hanno denunciato la mancanza di cura e di prevenzione che la famiglia De Leo ha sostenuto. Il fratello del detenuto afferma di averlo sentito due giorni prima della morte, dicendo che "nessuno si prendeva cura di lui". La sua storia divenne nota l'estate scorsa: allestito una cella speciale per contenerlo dopo un lungo vagabondare per prigioni e strutture sanitarie. Oggi il caso si conclude nel peggiore dei modi, con la morte in carcere di uno che stava male e non era stato curato.
Questo caso suscita polemiche da parte dell'Osapp, che ha contestato l'impiego di dieci agenti al giorno sottratti al personale già in affanno della casa circondariale cuneese. Questa morte solleva gravi dubbi sulla gestione dei detenuti obesi con disturbi di tipo alimentare e sugli effetti che questo comportamento può avere sui loro diritti.
L'indomabile caso di Francesco De Leo ha sollevato molte domande sulla gestione delle persone detenute. La sua morte in carcere non è solo una tragedia, ma anche un segnale che ci ricorda della necessità di migliorare le condizioni di vita dei detenuti in Italia.
Era stato trasferito nel penitenziario di Torino da quello di Genova, dove si muoveva con una carrozzina elettrica di grandi dimensioni a causa delle sue condizioni fisiche. La scelta del carcere torinese era stata fatta per avere una cella apposita alle sue esigenze, ma proprio perché era stato considerato un passo necessario, rispetto al richiamo alla casa circondariale di Cuneo.
Diversi hanno denunciato la mancanza di cura e di prevenzione che la famiglia De Leo ha sostenuto. Il fratello del detenuto afferma di averlo sentito due giorni prima della morte, dicendo che "nessuno si prendeva cura di lui". La sua storia divenne nota l'estate scorsa: allestito una cella speciale per contenerlo dopo un lungo vagabondare per prigioni e strutture sanitarie. Oggi il caso si conclude nel peggiore dei modi, con la morte in carcere di uno che stava male e non era stato curato.
Questo caso suscita polemiche da parte dell'Osapp, che ha contestato l'impiego di dieci agenti al giorno sottratti al personale già in affanno della casa circondariale cuneese. Questa morte solleva gravi dubbi sulla gestione dei detenuti obesi con disturbi di tipo alimentare e sugli effetti che questo comportamento può avere sui loro diritti.
L'indomabile caso di Francesco De Leo ha sollevato molte domande sulla gestione delle persone detenute. La sua morte in carcere non è solo una tragedia, ma anche un segnale che ci ricorda della necessità di migliorare le condizioni di vita dei detenuti in Italia.