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Un team di ricercatori italiani, coordinati dalla Rockefeller University di New York, ha scoperto che i ricordi più duraturi sono il risultato di un complesso meccanismo in continua evoluzione. La memoria a lungo termine è regolata da una cascata di timer molecolari che si attivano in momenti diversi, anche a distanza di molto tempo.
Secondo gli studiosi, ogni volta che formiamo un nuovo ricordo, il nostro cervello deve decidere se conservarlo in modo permanente o cancellarlo. Questa decisione è influenzata da tre regolatori chiave: Camta 1, Tcf4 e Ash1l. Il primo timer molecolare, Camta 1, si attiva nell'area del cervello chiamata ippopampo, dove vengono inizialmente immagazzinati i ricordi più duraturi.
A distanza di tempo, entra in funzione il secondo timer, Tcf4, che consente di preservare il ricordo. Infine, il timer Ash1l consolida ulteriormente la memoria a lungo termine. Oltre all'ippocampo, sono coinvolte anche le regioni del talamo e della corteccia cingolata anteriore, che funge da collegamento tra ricordi a breve e lungo termine.
Questi dati potrebbero aiutare a comprendere meglio i disturbi della memoria, come quelli provocati dalla malattia di Alzheimer. Potrebbe anche permettere di aggirare le aree del cervello danneggiate e instradare i ricordi attraverso circuiti alternativi.
La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature e rappresenta un passo importante verso la comprensione della memoria umana.
Secondo gli studiosi, ogni volta che formiamo un nuovo ricordo, il nostro cervello deve decidere se conservarlo in modo permanente o cancellarlo. Questa decisione è influenzata da tre regolatori chiave: Camta 1, Tcf4 e Ash1l. Il primo timer molecolare, Camta 1, si attiva nell'area del cervello chiamata ippopampo, dove vengono inizialmente immagazzinati i ricordi più duraturi.
A distanza di tempo, entra in funzione il secondo timer, Tcf4, che consente di preservare il ricordo. Infine, il timer Ash1l consolida ulteriormente la memoria a lungo termine. Oltre all'ippocampo, sono coinvolte anche le regioni del talamo e della corteccia cingolata anteriore, che funge da collegamento tra ricordi a breve e lungo termine.
Questi dati potrebbero aiutare a comprendere meglio i disturbi della memoria, come quelli provocati dalla malattia di Alzheimer. Potrebbe anche permettere di aggirare le aree del cervello danneggiate e instradare i ricordi attraverso circuiti alternativi.
La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature e rappresenta un passo importante verso la comprensione della memoria umana.