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La cannabis light sembra aver guadagnato un passo avanti in Italia, ma solo per ritrovarsi poi in una situazione di totale blocco. L'emendamento presentato dalla FdI alla legge di bilancio era stato pensato a ridinificare i confini di questa materia ancora piuttosto sfrangia e ambigua. La proposta prevedeva la liceità delle infiorescenze e dei derivati liquidi destinati all'inalazione purché il Tc non superasse lo 0,5% e introduceva un'imposta del 40% sul prezzo al pubblico.
Tuttavia, secondo fonti parlamentari, il contrordine è arrivato infine: l'emendamento sarà ritirato. Questo lascia ancora molte domande aperte sulla questione della cannabis light in Italia. La questione non è solo di giuridica, ma anche economica e culturale. Altri paesi dell'Unione Europea hanno già liberalizzato la vendita della cannabis light, generando redditi e posti di lavoro.
Invece, le imprese italiane che vogliono produrre questo tipo di derivato rischiano di trovarsi in una situazione difficile. La legge del 2016 prevede che la coltivazione e l'impiego di cannabis sativa L sia solo per finalità agricole, energetiche o cosmetiche, escludendo completamente la commercializzazione delle infiorescenze considerate borderline.
Tuttavia, secondo fonti parlamentari, il contrordine è arrivato infine: l'emendamento sarà ritirato. Questo lascia ancora molte domande aperte sulla questione della cannabis light in Italia. La questione non è solo di giuridica, ma anche economica e culturale. Altri paesi dell'Unione Europea hanno già liberalizzato la vendita della cannabis light, generando redditi e posti di lavoro.
Invece, le imprese italiane che vogliono produrre questo tipo di derivato rischiano di trovarsi in una situazione difficile. La legge del 2016 prevede che la coltivazione e l'impiego di cannabis sativa L sia solo per finalità agricole, energetiche o cosmetiche, escludendo completamente la commercializzazione delle infiorescenze considerate borderline.