VoceDiBologna
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La Torre dei Conti, un simbolo di potenza e vulnerabilità, ha ceduto durante i lavori di restauro. I fondi che avrebbero dovuto salvarla la hanno sventrata. È questo il mistero che ci sta facendo riflettere.
La Roma del XIII secolo era un paesaggio affilato, dove le famiglie baronali si contendevano il cielo. La Torre dei Conti era uno di quei segni incisi nella materia della città: incarnava la potenza familiare e la rinascita di una Roma sorta dalle rovine dell'antica.
Costruita nel 1203 dalla famiglia dei Conti di Segni, su disegno di Marchionne Aretino, si innalzava a sessanta metri, rivestita di travertino recuperato dai Fori: fortezza bianca, simbolo della potenza baronale. Di quella verticalità oggi resta meno della metà.
Oggi la Torre dei Conti è una soglia tra la Roma antica e quella medievale: un miracolo sopravvissuto a tre terremoti (1348, 1630, 1644), al fascismo che la isolò dal tessuto urbano e la elevò a reliquia solitaria. Ha sofferto di restauri approssimativi e ad altri invasivi – come quello del 1937 di Antonio Muñoz, che la consegnò agli Arditi e alla retorica della "Roma eterna" mussoliniana.
La sua storia è stata segnata da spoliazioni, isolamenti e reinterpretazioni. È sopravvissuta persino all'incuria: dal 2007 era in generale fatiscenza, minacciata dalle vibrazioni del traffico e dall'indifferenza delle istituzioni.
Ora la Torre dei Conti dovrà confrontarsi con gli esperti indignati dell'ultima ora. Chiedono demolizioni e invocano concorsi internazionali per una ricostruzione in chiave contemporanea. Ma prima di qualsiasi proposta, occorre attendere i risultati delle verifiche sul collasso.
È questa la regola minima, ma essenziale: prima di formulare proposte con senso critico e rispetto della storia. Non è solo metodo, è la condizione indispensabile per non perdere il contatto con il passato.
La Roma del XIII secolo era un paesaggio affilato, dove le famiglie baronali si contendevano il cielo. La Torre dei Conti era uno di quei segni incisi nella materia della città: incarnava la potenza familiare e la rinascita di una Roma sorta dalle rovine dell'antica.
Costruita nel 1203 dalla famiglia dei Conti di Segni, su disegno di Marchionne Aretino, si innalzava a sessanta metri, rivestita di travertino recuperato dai Fori: fortezza bianca, simbolo della potenza baronale. Di quella verticalità oggi resta meno della metà.
Oggi la Torre dei Conti è una soglia tra la Roma antica e quella medievale: un miracolo sopravvissuto a tre terremoti (1348, 1630, 1644), al fascismo che la isolò dal tessuto urbano e la elevò a reliquia solitaria. Ha sofferto di restauri approssimativi e ad altri invasivi – come quello del 1937 di Antonio Muñoz, che la consegnò agli Arditi e alla retorica della "Roma eterna" mussoliniana.
La sua storia è stata segnata da spoliazioni, isolamenti e reinterpretazioni. È sopravvissuta persino all'incuria: dal 2007 era in generale fatiscenza, minacciata dalle vibrazioni del traffico e dall'indifferenza delle istituzioni.
Ora la Torre dei Conti dovrà confrontarsi con gli esperti indignati dell'ultima ora. Chiedono demolizioni e invocano concorsi internazionali per una ricostruzione in chiave contemporanea. Ma prima di qualsiasi proposta, occorre attendere i risultati delle verifiche sul collasso.
È questa la regola minima, ma essenziale: prima di formulare proposte con senso critico e rispetto della storia. Non è solo metodo, è la condizione indispensabile per non perdere il contatto con il passato.