VoceDiRoma
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La Spagna si avvicina a riconoscere il reato di "violenza vicaria" contro gli animali. Questo fenomeno, già noto in Italia e negli altri paesi europei, prevede la violenza inflitta ai cani e agli altri animali in modo da provocare sofferenza a una persona.
Il nuovo articolo introdotto nel Codice Penale spagnolo (173 bis) stabilisce che chi pubblica testi o documenti che incitano alla violenza contro i partner utilizzando gli animali come strumento, può essere punito con una pena che oscilla tra sei mesi e tre anni di carcere. Un esempio di tale reato è stato recentemente verificato a Las Palmas de Gran Canaria. Il giudice della città ha condannato un uomo a dodici mesi e un giorno di carcere per aver gettato da un dirupo il cucciolo di pochi mesi della compagna, identificando il reato come una forma di violenza domestica e vicaria.
La preoccupazione per la tutela degli animali è alta in Spagna. Un gruppo di professionisti, tra cui giuristi, psicologi e criminologi, si è riunito sotto l'etichetta "Coordinating Body of Professionals for the Prevention of Abuse" (CoPPA) per promuovere il riconoscimento del reato di violenza vicaria contro gli animali. Tra loro spicca la figura dell'avvocata María González Lacabex, che sottolinea l'importanza di inserire anche il maltrattamento e l'uccisione degli animali nel quadro delle leggi sulla violenza vicaria.
Tuttavia, non è raro che gli animali vengano strumentalizzati nei litigi tra i partner. La stessa avvocata Giada Bernardi ricorda un caso italiano di violenza vicaria: Pilù, un piccolo Pinscher nano, fu seviziato fino alla morte nel maggio del 2015 a Pescia. L'imputato è stato condannato in primo grado, ma il reato è stato dichiarato prescritto dal tribunale di seconda istanza.
La vicenda spagnola desta preoccupazione anche per la lotta contro i canili non disciplinati e per la sterilizzazione o adozione degli animali randaghi.
Il nuovo articolo introdotto nel Codice Penale spagnolo (173 bis) stabilisce che chi pubblica testi o documenti che incitano alla violenza contro i partner utilizzando gli animali come strumento, può essere punito con una pena che oscilla tra sei mesi e tre anni di carcere. Un esempio di tale reato è stato recentemente verificato a Las Palmas de Gran Canaria. Il giudice della città ha condannato un uomo a dodici mesi e un giorno di carcere per aver gettato da un dirupo il cucciolo di pochi mesi della compagna, identificando il reato come una forma di violenza domestica e vicaria.
La preoccupazione per la tutela degli animali è alta in Spagna. Un gruppo di professionisti, tra cui giuristi, psicologi e criminologi, si è riunito sotto l'etichetta "Coordinating Body of Professionals for the Prevention of Abuse" (CoPPA) per promuovere il riconoscimento del reato di violenza vicaria contro gli animali. Tra loro spicca la figura dell'avvocata María González Lacabex, che sottolinea l'importanza di inserire anche il maltrattamento e l'uccisione degli animali nel quadro delle leggi sulla violenza vicaria.
Tuttavia, non è raro che gli animali vengano strumentalizzati nei litigi tra i partner. La stessa avvocata Giada Bernardi ricorda un caso italiano di violenza vicaria: Pilù, un piccolo Pinscher nano, fu seviziato fino alla morte nel maggio del 2015 a Pescia. L'imputato è stato condannato in primo grado, ma il reato è stato dichiarato prescritto dal tribunale di seconda istanza.
La vicenda spagnola desta preoccupazione anche per la lotta contro i canili non disciplinati e per la sterilizzazione o adozione degli animali randaghi.