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A Bruxelles si preparano a contare i trattori. Migliaia. Forse più di quanti se ne siano mai visti sfilare nella capitale europea. Il 18 dicembre gli agricoltori italiani, insieme al Copa-Cogeca (l'organizzazione europea che rappresenta gli agricoltori e le cooperative agricole), torneranno in piazza per quella che potrebbe diventare la più grande mobilitazione agricola mai organizzata nella capitale belga. Un anno e mezzo dopo l’ultima grande protesta, la Cia-Agricoltori Italiani annuncia oltre cinquemila produttori e almeno mille mezzi in arrivo da tutto il continente.
La Cia avverte che non si può separare il destino dell'agricoltura da quello delle aree interne. In Italia, il 56% della superficie coltivabile si trova proprio lì: in zone dove vivono 13 milioni di persone, spesso con servizi minimi, strade difficili, connessioni intermittenti. Sono gli stessi territori che fanno da argine a un dissesto idrogeologico che interessa il 60% del Paese.
Il timore è concreto: l’agricoltura non chiede privilegi, pretende rispetto. Il presidente della Cia, Cristiano Fini, ha detto in passato che «l’agricoltura non è una questione di profitto, ma di sopravvivenza». Senza agricoltura, dice Fini, anche la coesione territoriale si sgretola.
Il messaggio del 18 dicembre è quindi più che un semplice gesto simbolico. C’è la convinzione che la Politica agricola comune sia a rischio di smantellamento e che l'Italia si faccia capofila della battaglia. Il presidente Fini chiama all’azione gli agricoltori, chiedendo che non restino zitti, ma che si facciano sentire.
La Cia richiede una politica agricola comune che lavori in sinergia con le politiche di coesione, senza mettere in competizione la distribuzione delle risorse. Il presidente Fini ha detto che «un’Europa federale, capace di decidere su difesa, energia, industria è necessaria». Una Europa a due velocità sarebbe preferibile a un’Europa immobile.
Un’Europa ferma, mentre le campagne si svuotano. Il problema non è solo la Politica agricola comune, ma anche il sistema di produzione e commercio delle colture. La Cia chiede controlli veri alle frontiere, tracciabilità totale, clausole di salvaguardia automatiche negli accordi commerciali. «Aperti sì, ingenui no», ha detto Fini.
L'Italia deve prendere posizione su questioni come il Mercosur e altri accordi commerciali, per proteggere i prodotti più esposti. La Cia richiede un intervento politico deciso, che eviti concessioni unilaterali e mantenga la risposta al sistema globale.
La Cia-Agricoltori Italiani non è solo una voce isolata, ma rappresenta un fronte di gran parte dell'agricoltura italiana. Il 18 dicembre sarà un momento fondamentale per il futuro dell'agricoltura europea.
La Cia avverte che non si può separare il destino dell'agricoltura da quello delle aree interne. In Italia, il 56% della superficie coltivabile si trova proprio lì: in zone dove vivono 13 milioni di persone, spesso con servizi minimi, strade difficili, connessioni intermittenti. Sono gli stessi territori che fanno da argine a un dissesto idrogeologico che interessa il 60% del Paese.
Il timore è concreto: l’agricoltura non chiede privilegi, pretende rispetto. Il presidente della Cia, Cristiano Fini, ha detto in passato che «l’agricoltura non è una questione di profitto, ma di sopravvivenza». Senza agricoltura, dice Fini, anche la coesione territoriale si sgretola.
Il messaggio del 18 dicembre è quindi più che un semplice gesto simbolico. C’è la convinzione che la Politica agricola comune sia a rischio di smantellamento e che l'Italia si faccia capofila della battaglia. Il presidente Fini chiama all’azione gli agricoltori, chiedendo che non restino zitti, ma che si facciano sentire.
La Cia richiede una politica agricola comune che lavori in sinergia con le politiche di coesione, senza mettere in competizione la distribuzione delle risorse. Il presidente Fini ha detto che «un’Europa federale, capace di decidere su difesa, energia, industria è necessaria». Una Europa a due velocità sarebbe preferibile a un’Europa immobile.
Un’Europa ferma, mentre le campagne si svuotano. Il problema non è solo la Politica agricola comune, ma anche il sistema di produzione e commercio delle colture. La Cia chiede controlli veri alle frontiere, tracciabilità totale, clausole di salvaguardia automatiche negli accordi commerciali. «Aperti sì, ingenui no», ha detto Fini.
L'Italia deve prendere posizione su questioni come il Mercosur e altri accordi commerciali, per proteggere i prodotti più esposti. La Cia richiede un intervento politico deciso, che eviti concessioni unilaterali e mantenga la risposta al sistema globale.
La Cia-Agricoltori Italiani non è solo una voce isolata, ma rappresenta un fronte di gran parte dell'agricoltura italiana. Il 18 dicembre sarà un momento fondamentale per il futuro dell'agricoltura europea.