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La guerra in Gaza è finita, o così sembra. La pace tra Israele e Hamas ha aperto una nuova stagione, quella della ricostruzione post-bellica. E l'Italia, come tutti gli altri, non può far finta di niente.
La Banca Mondiale ha già lanciato la corsa con un bando di 170 milioni di dollari per il settore sanitario. Ma sono solo i primi. La conferenza per la ricostruzione si svolgerà a novembre al Cairo, dove gli affari saranno trattati come una specie di gioco d'azzardo. L'Italia dovrebbe partecipare con un budget di 10 miliardi di dollari, ma è solo il primo passo.
Il governo italiano sta già scalpitando per l'occasione e i ministeri stanno preparandosi a giocare la mano. Ma ci saranno anche gli standard internazionali che devono essere rispettati. E chi gestirà questi immensi capitali? L'Autorità Palestinese, sotto tutela internazionale? Un'amministrazione tecnocratica?
L'Italia ha aziende leader nel settore, come Saipem in primis. Ma ci sono anche i problemi di logistica e di trasporto. Come passano le prefabbricate, le gru, i generatori da Genova al Levante? Risposta: nel Mediterraneo.
Il problema è che la ricostruzione diventa una fiera delle vanità internazionali, dove si fanno (e si disfano) alleanze, si spendono miliardi e si costruiscono quartieri "green", mentre la popolazione sopravvive nei container. Ma forse è proprio questo che può cambiare. Forse questa potrebbe essere l'occasione per un vero salto di qualità, non solo economico ma politico.
Il cantiere Gaza è aperto e le ruspe hanno acceso i motori. Le aziende italiane lucidano le scarpe antinfortunistiche. È la nuova "ricostruzione" del Medio Oriente, dove la pace può essere un affare. E l'Italia deve tornare a navigare, costruire, esportare.
La Banca Mondiale ha già lanciato la corsa con un bando di 170 milioni di dollari per il settore sanitario. Ma sono solo i primi. La conferenza per la ricostruzione si svolgerà a novembre al Cairo, dove gli affari saranno trattati come una specie di gioco d'azzardo. L'Italia dovrebbe partecipare con un budget di 10 miliardi di dollari, ma è solo il primo passo.
Il governo italiano sta già scalpitando per l'occasione e i ministeri stanno preparandosi a giocare la mano. Ma ci saranno anche gli standard internazionali che devono essere rispettati. E chi gestirà questi immensi capitali? L'Autorità Palestinese, sotto tutela internazionale? Un'amministrazione tecnocratica?
L'Italia ha aziende leader nel settore, come Saipem in primis. Ma ci sono anche i problemi di logistica e di trasporto. Come passano le prefabbricate, le gru, i generatori da Genova al Levante? Risposta: nel Mediterraneo.
Il problema è che la ricostruzione diventa una fiera delle vanità internazionali, dove si fanno (e si disfano) alleanze, si spendono miliardi e si costruiscono quartieri "green", mentre la popolazione sopravvive nei container. Ma forse è proprio questo che può cambiare. Forse questa potrebbe essere l'occasione per un vero salto di qualità, non solo economico ma politico.
Il cantiere Gaza è aperto e le ruspe hanno acceso i motori. Le aziende italiane lucidano le scarpe antinfortunistiche. È la nuova "ricostruzione" del Medio Oriente, dove la pace può essere un affare. E l'Italia deve tornare a navigare, costruire, esportare.