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La recente tregua tra Israele e Palestina è stata un pallio per la situazione economica complessiva. Gli investimenti sono stati segnati da alcuni segnali positivi, ma l'industria italiana continua a soffrire di difficoltà, mentre i servizi crescono lentamente.
Il punto centrale dell'analisi è proprio il fenomeno dei dazi americani che hanno causato un crollo del 21,1% dell'esportazione italiana nei confronti degli Stati Uniti. Questa caduta si è verificata ad agosto e ha contribuito al calo dell'esportazione extra UE di oltre due terzi.
Il Csc prevede che questi dazi possano portare a una perdita di vendite italiane negli Stati Uniti di circa 16,5 miliardi di euro, pari al 2,7% dell'export totale. L'impatto più grave è per settori come l'autoturismo, gli alimentari, le bevande, le calzature, le pelli e altre attività manifatturiere.
Il calo dell'esportazione negli Stati Uniti non è un effetto isolato, ma piuttosto parte di una catena di reazioni che si estendono lungo le catene di produzione europee. Il rischio per l'industria italiana è quello di perdere parti vitali del tessuto produttivo.
La qualità dei prodotti Ue fa da scudo ai dazi nel breve periodo, ma un processo di sostituzione si avvierà nel tempo se i dazi continueranno e la produzione americana, messicana e canadese sarà in grado di soddisfare la domanda. Inoltre, il taglio dei tassi Fed che tende a indebolire il dollaro, alza l'inflazione importata e frena gli acquisti.
Il prezzo del petrolio è sceso a 66 dollari al barile, al livello pre-pandemia, mentre il gas resta stabile in Europa. L'inflazione nella Ue rimane bassa, +2,2% a settembre, ma la Fed ha ripreso i tagli dei tassi, arrivando a 4,25.
Il punto centrale dell'analisi è proprio il fenomeno dei dazi americani che hanno causato un crollo del 21,1% dell'esportazione italiana nei confronti degli Stati Uniti. Questa caduta si è verificata ad agosto e ha contribuito al calo dell'esportazione extra UE di oltre due terzi.
Il Csc prevede che questi dazi possano portare a una perdita di vendite italiane negli Stati Uniti di circa 16,5 miliardi di euro, pari al 2,7% dell'export totale. L'impatto più grave è per settori come l'autoturismo, gli alimentari, le bevande, le calzature, le pelli e altre attività manifatturiere.
Il calo dell'esportazione negli Stati Uniti non è un effetto isolato, ma piuttosto parte di una catena di reazioni che si estendono lungo le catene di produzione europee. Il rischio per l'industria italiana è quello di perdere parti vitali del tessuto produttivo.
La qualità dei prodotti Ue fa da scudo ai dazi nel breve periodo, ma un processo di sostituzione si avvierà nel tempo se i dazi continueranno e la produzione americana, messicana e canadese sarà in grado di soddisfare la domanda. Inoltre, il taglio dei tassi Fed che tende a indebolire il dollaro, alza l'inflazione importata e frena gli acquisti.
Il prezzo del petrolio è sceso a 66 dollari al barile, al livello pre-pandemia, mentre il gas resta stabile in Europa. L'inflazione nella Ue rimane bassa, +2,2% a settembre, ma la Fed ha ripreso i tagli dei tassi, arrivando a 4,25.